Grande Toro, il capo della tribù, è invecchiato molto. Non abbastanza per aver perso forza o autorità, almeno così a prima vista, ma allo stesso tempo è certo che non scenderà mai più su un campo di battaglia.
Al suo lato destro si trova Saggio Corvo, che invece non è cambiato affatto: è il vecchio più inquietante che io abbia mai visto, con i suoi capelli neri e lunghi e talmente tante rughe che quasi non si vedono più la bocca e gli occhi.
Sul lato sinistro c’è il membro del consiglio che mi mette più in apprensione: Giglio Tigrato.
Il capo tribù inizia a parlare, Leprotto a tradurre: “Grande capo dice che… fa domanda”
“A me?”
Leprotto non risponde, se non continuando a tradurre: “Chiede se donna con capelli biondi era Jackie Manorossa molti anni fa”
Dagli indiani nulla porta più velocemente alla morte della menzogna. Così non nego: “Sì, da bambina sono stata Jackie Manorossa”
Giglio Tigrato fa un gesto, suo padre sembrerebbe metterla a tacere ed esegue degli altri gesti. Così Leprotto riprende a chiedere: “Chiede a Jackie Manorossa come ha catturato Peter Pan sulla nave pirata”
“I miei fratelli erano prigionieri dei pirati”, rispondo e aspetto che qualcuno inizi a tradurre. Leprotto però mi fa segno di continuare. Forse ha visto o sentito un’esortazione che a me è sfuggita per la tensione. “Il capitano dei pirati mi aveva detto che li avrebbe uccisi se non gli portavo Peter Pan prigioniero sulla sua nave, così ho detto a Peter che dovevo liberare i miei fratelli dai pirati – non gli ho detto come”, abbasso lo sguardo, mi vergogno.
Giglio Tigrato esegue dei gesti bruschi, Saggio Corvo ne fa pochi, ma nettamente più efficaci dei suoi, almeno per la dinamica, perché la principessa indiana si dà una calmata. E’ lei a parlare: “Perché Peter Pan, Aquila Bianca, importare di Jackie Manorossa e suoi fratelli?”
“Perché non sapeva che ero Jackie Manorossa”, ribadisco; “Lui mi chiamava Wendy. O mamma”
Al posto dei gesti, a questa traduzione di Leprotto gli indiani iniziano a parlare fra loro. Giglio Tigrato fa segno a un guerriero di alzarsi… ovviamente Che-vola-con-il-pensiero. Leprotto mi spiega: “Chiede a fratello guerriero di raccontare di crimini quella notte”
“Cos’è successo quella notte?”, mi allarmo io. Quali altri casini ho creato, quella notte?
Leprotto inizia a tradurre: “Che-vola-con-il-pensiero dice che era di guardia, prima prova del valore di un guerriero. Ad un certo punto nella notte sono scesi Bimbi Sperduti, feriti e confusi”, mi dice; “Aquila Bianca avere in braccio Cantante Dorata, dice che va in vera casa di Cantante Dorata con Gufo dell’Alba e di bambino più piccolo, perché molto grave ferita, solo sua gente conosce antidoto”
Cala il silenzio.
Io guardo Leprotto: “Dimmelo tu cos’altro è successo per colpa mia, ti prego”
Leprotto non si tira indietro dalla mia esortazione: “Quando Peter è tornato, non era in se. Era debole e aveva affrontato un lungo viaggio dopo lunga battaglia”, Leprotto serrò i pugni; “Era furioso con tutto e tutti. Quando ci ha trovati all’Albero dell’Impiccato… ci ha presi per ladri, ci ha cacciati via con il pugnale. Abbiamo chiesto protezione agli indiani. Ricciolo è rimasto nel bosco, per far ragionare Peter, diceva. Dopo una settimana è tornato e ha detto che era a posto, potevamo tornare, Peter si era calmato”, si è stretto nelle spalle; “Non ho avuto il coraggio di tornare all’Albero con gli altri. Tamburello è tornato qualche giorno dopo a salutarmi, diceva che tornava alla sua vera casa anche lui. Peter gli faceva più paura della mammina con la medicina cattiva che faceva crescere”, mi spiega; “Aveva una fata, penso che è tornato dalla sua famiglia ed è felice, con una mamma e un papà e adesso è grande”, aggiunge.
Vorrei crollare a terra per la desolazione: “Tamburello ti ha detto niente su… quello che succedeva a..?”
“Ha detto che Peter aveva quasi fatto bruciare l’Albero”, taglia corto lui; “Ma forse è stato solo un incidente in cucina. Tu forse lo sai meglio di me, com’è, non è proprio facile”, mi guarda.
Sì, ricordo la cucina all’Albero dell’Impiccato. Grida vado a fuoco! da ogni angolazione che la si guardi. “E’ un pericolo per se stessa, quella cucina”, confermo a Leprotto.
Lui riprende: “Credo che fra Ricciolo e Trilli sono riusciti a farlo calmare, Peter dico, con il tempo. Adesso comunque sono molti anni che non succede più niente e per quanto abbiamo avuto paura in molti per tutta l’Isola, Wendy non l’ha mai fatto per metterci in pericolo”, dicendo queste parole mi sembra intimidito, guarda Giglio Tigrato e sembrerebbe quasi aver paura; “Lepre-che-corre chiede al consiglio di perdonare sua mamma, Cantante Dorata, Wendy Darling, Jackie Manorossa. Era bambina”, sottolinea; “Lepre-che-corre sicuro che sua mamma non voleva il pericolo per l’Isola-che-non-c’è, solo salvare Gufo dell’Alba e piccolo Michael”
Giglio Tigrato non potrebbe mostrare più disprezzo nei miei confronti di così. Il capo tribù suo padre esegue una serie di gesti e Leprotto si gira a sorridermi: “Grande Toro perdona Cantante Dorata, Wendy Darling e dà benvenuta di nuovo. Vuole promessa che Jackie Manorossa non torni mai”
Io faccio un inchino: “Avete la mia parola d’onore, grande capo”, confermo.
Giglio Tigrato esegue un movimento orizzontale della mano: “Io no contenta tu essere qui”, ripete; “Se tu fare male a Aquila Bianca di nuovo, io fare te più male”
“Non succederà”, garantisco.
Lei scuote la testa e mi volta le spalle.
Leprotto sorride e mi prende la mano: “Ti accompagno a casa prima che fa buio” Ormai siamo a metà pomeriggio, ad occhio. Difficile a dirsi, senza un orologio.
Giglio Tigrato si volta di scatto: “Tu fratello guerriero. Tu dovere restare con tribù, quando fa buio con nave pirata davanti sole morente”, lo contraddice con veemenza; “Lepre-che-corre non accompagna donna da nessuna parte”
“Allora preparare posto in una tenda”, risponde Che-vola-con-il-pensiero.
Giglio Tigrato scuote la testa. La so io la risposta: “Sono libera dalle accuse, benvenuta sull’Isola, ma devo andarmene dall’accampamento”
Lei conferma: “Prima tu via, meglio per mia pazienza. Tu fortunata, oggi”
“Lo terrò a mente”, annuisco, chinando il capo in segno di rispetto. E’ la cosa migliore da fare davanti a un avversario troppo potente.
Leprotto mi porta fino al muretto. Guardo il muretto, estraniata da esso più che da tutto il resto.
In me c’è gioia nel realizzare che sono davvero tornata all’Isola, che potrò sistemare le cose con Peter e i Bimbi Sperduti, i miei bimbi. In me c’è la tristezza nel sapere quanti guai hanno passato dopo la mia partenza. E infine trovo anche la meraviglia. E’ tutto… famigliare, eppure così nuovo e stupefacente. Il vascello pirata non si è ancora spostato, laggiù, sembra lontano eppure è imponente.
Rompo il silenzio fra me e il mio bambino respirando prima a pieni polmoni l’aria salata di cui è piena l’Isola. “Io non ricordo questo muretto”, commento.
“Penso che non ricorderai più molte cose”, risponde lui e scruta la nave con una certa audacia; “All’alba tendi le orecchie, sentirai di nuovo i tamburi indiani”
“Lo farò di certo”, gli garantisco e torno sul tema di prima; “Cosa vuoi dire con non ricorderò molte cose?”, cito più o meno.
Lui fa spallucce e sorride spavaldo: “Che ne so?”, afferma.
“Vi attaccano anche da qui?”, insisto. Peter protegge il lato del bosco, gli indiani quello del mare, è sempre stato così.
Leprotto scuote la testa: “E’… complicato”
“Più complicato di una battaglia contro i pirati?”
“Sì. Chiedi a Peter”, mi supera con un passo lungo e indica dritto davanti a se; “Vedi laggiù, quei due pini che spuntano fuori?” Seguo il suo sguardo puntato sulle corone degli alberi, alla fine annuisco. Lui sospira sollevato: “Bene. Tienili sempre sulla tua sinistra”, mi istruisce; “Fra mezz’ora dovresti arrivare al nascondiglio”
“Ricciolo avrà mandato tutti i Bimbi Sperduti a cercarmi ovunque”
“Oppure a caccia dei pirati”, mi contraddice Leprotto; “Ti conviene affrettarti, prima che fa buio”, mi incita; “Ti accorgerai di essere a metà strada quando vedrai una grande pietra… E’ quasi alta quanto un albero e non la scala nemmeno il migliore indiano. Serve la polvere fatata per salirci”, me la descrive.
“La ricordo”, vagamente, in realtà, ma non voglio si preoccupi troppo.
Lui si sfila un pugnale: “Prendilo. Se fa buio prima che arrivi all’Albero dell’Impiccato, fischia tre volte, forte, e fermati davanti alla pietra”
“Mi viene a prendere qualcuno?”
“No, ma se ti sento, vengo io”, Leprotto mi abbraccia forte; “Domattina, dopo i tamburi, vieni a trovarci con Peter. Se sei con lui, Giglio non dirà più niente”, mi prega; “Voglio sapere che sei al sicuro”
“Lo sarò di certo”, gli do un bacio sulla guancia e gli sorrido, anche se in me ho la metà del coraggio di quello che sto esprimendo; “Sono cresciuta, sai?”
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