Il ragazzino correva veloce nonostante le sue gambette magre, schivava gli ostacoli e gli rimaneva accanto al meglio delle sue possibilità.
E le sue possibilità erano davvero buone se lo riusciva a seguire ancora dopo tutto quel tempo. Il suo fisico era provato dalle diverse percosse. Ematomi ed ecchimosi si sovrapponevano su braccia e gambe oscillando dal viola intenso al giallo sbiadito. Vincent non avrebbe scommesso uno solo dei suoi finti capelli biondi sulla resistenza di quel ragazzino, eppure lui gli correva accanto.
Doveva pensare in fretta se voleva dargli una possibilità. I soldati imperiali non erano lontani e dopo aver quasi compromesso la sua copertura per salvarlo, non avrebbe permesso loro di acciuffarlo di nuovo.
Era pieno giorno e la gente dinanzi a cui sfrecciavano li guardava allibita, mentre si spostava per non farsi travolgere. Qualcuno urlava, qualche altro chiamava le guardie rendendo la loro fuga solo più difficoltosa.
Svoltarono in un vicolo più stretto e finalmente riconobbe in fondo dei palazzi familiari, avrebbe dovuto andare a destra poi sinistra e poi… sì, forse possiamo farcela.
La velocità delle sue azioni avrebbe dettato il futuro di quel ladruncolo.
L’alchimista bruscamente cambiò direzione puntando verso il quartiere di Saroh che aveva riconosciuto. Preso dall’euforia aumentò il ritmo della sua corsa. Senza rallentare saltò un fosso e poi un cumulo di ferraglie, lanciandosi dritto verso la sua meta.
Unfragore metallico, seguito da un’imprecazione, fece arrestare Vincent. Si voltò mentre il ragazzino si stava rialzando. Il ladro zoppicava vistosamente ed il sangue aveva preso a scorrere da un taglio all’altezza del ginocchio. Non accennò, però, a chiamarlo o chiedere aiuto. Si limitò a guardarlo mentre arrancava nella sua direzione.
Vincent lo fissò a sua volta, senza parlare, e realizzò che il ragazzo si aspettava di essere lasciato indietro. Glielo leggeva chiaro negli occhi e nei lineamenti contratti, la sua espressione non era addolorata, ma solo di amara rassegnazione.
E l’uomo, che portava il suo bagaglio di dolori e colpe, ma che aveva conosciuto il calore dell’amore e dell’amicizia, si dispiacque per la solitudine di quello sguardo e per quel ragazzo che aveva avuto la sua dose di cattiveria dal mondo troppo presto.
Il vociare dei soldati imperiali si faceva più vicino: un altro degli integerrimi cittadini di Saroh aveva indicato loro la direzione giusta.
L’alchimista tornò indietro. Si mosse veloce verso il ladruncolo fermandosi dritto davanti a lui. Uomo e ragazzo si scrutarono a lungo e sul volto del ladro si dipinse un’espressione sorpresa quando capì le intenzioni dell’alchimista.
Vincent si abbasò voltandosi di spalle, mentre portava le mani dietro alla schiena. Dapprima non sentì nessun contatto da parte del ragazzo, come se stesse esitando, poi con una piccola spinta il ladro gli si arrampicò sulle spalle.
– Callin, dimostra un po’ di graditudine e aiutami a reggerti – esclamò l’uomo, poi riprese la sua corsa. Nuove energie rinvigorirono il suo passo, la rabbia è sempre un ottimo carburante.
Percorse l’ultimo tratto di strada guardando più indietro che avanti per paura che anche uno solo degli inseguitori li vedesse svoltare.
Decise che la sicurezza di non essere visti valeva più della sua copertura da alchimista. Si voltò e con entrambe le mani proiettate in avanti generò uno spostamento d’aria che fece volare tutto quello che si trovava sul suo passaggio: polvere, sporcizia, carretti, panni stesi e persone. Senza nemmeno controllare l’entità dei danni provocati imboccò un vicolo cieco sulla destra.
Callin strinse la presa intorno al collo dell’uomo quando si vide in trappola, ma l’alchimista si avvicinò faticosamente al muro e trovando i mattoni giusti a tentoni, aprì il passaggio segreto.
Un corridoio semibuio comparve davanti a loro e lui vi entrò avendo cura di premere la leva che richiudeva il muro. Percorse il piccolo camminamento che sbucava in una sala in ombra e polverosa, dove lasciò scendere il ladro e poi si accasciò a sua volta.
Seduto a poca distanza da lui, Callin lo fissava. In quel momento aveva lo sguardo d’avorio liquido e l’alchimista comprese un altro particolare che avrebbe voluto ignorare. Si sforzò di rimanere impassibile guardando a sua volta il ragazzo con durezza, aspettando la domanda che sicuramente si sarebbe fatta spazio in quel silenzio.
– Rojer, mi spieghi che sta succedendo?
La voce era ancora infantile e strideva con la durezza nelle inflessioni delle parole appena pronunciate.
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Quel ricordo arrivò senza preavviso nei pensieri di Vincent, come se fosse passato un giorno e non tutto quel tempo. Guardò Callin e due immagini di lui si sovrapposero quello che era e ciò che era diventato. Nel profondo dello sguardo la stessa nota triste di allora, quella che aveva imparato a dissimulare con il suo comportamento irriverente.
Il ladro gli sorrise.
– È bello che, dopo tutto questo tempo, ricordi ancora.
Vincent annuì, ma il suo volto rimase serio.
– Stai tergiversando.
– Forse solo un po’ – rispose Callin, con un sorriso più ampio del precedente, che senza preavviso mutò in un’espressione severa.
– Weir è morto – disse semplicemente.
– Capisco – fu l’unico commento dell’alchimista.
Ancora ansante si alzò spazzolandosi la polvere dai vestiti e formò un piccolo globo di luce bianca che inviò ad adagiarsi sul soffitto. La luce spettrale illuminò meglio la stanza disegnando i contorni di mobili vecchi ed altro ciarpame accatastato negli angoli.
Callin si avvicinò ad una branda che sembrava messa meglio di tutto il resto lì dentro e la trascinò a centro dello spazio.
– Siedi qui – disse a Rose, aiutandola ad alzarsi dal pavimento umido.
La ragazza ringraziò meccanicamente affidandosi alle braccia del ladro per sedersi, che la lasciarono solo dopo che si fu accomodata.
– Dovrebbe esserci una sedia non troppo mal ridotta da qualche parte – continuò il ragazzo voltandosi verso Vincent.
– Non serve.
L’uomo aveva già creato un cubo di pietra dal pavimento per stare più comodo.
– Già – scosse il capo Callin prendendo posto accanto alla ragazza.
Vincent lo vide dare uno sguardo fugace e imperscrutabile a Rose, prima di riprendere il suo racconto.
– Lo hanno torturato. Aveva tutti i tendini tagliati e marchi a fuoco sul corpo, appena l’ho trovato sono corso da voi. Non ci avrebbero messo molto a rintracciarvi…
Rose si scostò bruscamente e lo guardò allarmata, gli occhi stretti a due piccole fessure.
– Come hai fatto tu a trovarlo? – chiese con una nota di sospetto nella voce.
Il ladro le rivolse allora uno sguardo sarcastico.
– Conosci poco il tuo mentore, vero? Non si fida mai delle persone!
Rose si limitò a fissare prima uno e poi l’altro.
– Gli ho chiesto di seguirlo, Rose – spiegò Vincent, con fare pratico – quando vivi la mia vita, certe cose diventano necessarie.
La ragazza mentre si alzava si rivolse di nuovo a Callin. I suoi diversi interrogativi trapelavano trasparenti dal suo viso.
– Perché allora non hai cercato di fare qualcosa?
Il ladro si stese sulla brandina con le mani dietro la testa, voltando deliberatamente lo sguardo verso il soffitto.
– Sono venuto a cercarvi. Credo che sia qualcosa, dopo tutto.
– Per lui! – sbottò Rose gesticolando fino a dare un calcio alla brandina.
– Calmati – le disse gentilmente Vincent.
– Come fai a non prendertela con uno che guarda la gente morire e non fa nulla? – la voce che diventava più stridula ad ogni parola.
Vincent si alzò e si avvicinò alla ragazza. Le pose le mani sulle spalle e la guardò con intensità. Illuminati da quella luce biancastra, gli occhi azzurri dell’alchimista sembravano molto più chiari. Il colore del ghiaccio nel suo sguardo però non contribuiva a renderli freddi e distaccati ed ebbero un potere tranquillizzante su Rose che smise di parlare e agitare le mani.
– Lasciagli spiegare, prima di giudicare. – disse Vincent guardando poi Callin. L’ordine non espresso di continuare il resoconto era palese.
– Era un militare. Non potevo seguirlo ovunque senza farmi arrestare. Lo stavo spiando attraverso la finestra dall’appartamento del palazzo di fronte quando vi siete salutati.
L’alchimista annuì e tornò a sedersi mentre Callin continuava fissando un punto lontano sul soffitto.
– Dopo una mezz’ora buona ad analizzare i documenti, ha preso tutti i fogli ed è uscito dall’ufficio. L’ho seguito di finestra in finestra attraverso il corridoio e per tre piani finché non è entrato in un altro ufficio e l’ho perso. – fece una pausa e guardò Rose, che lo seguiva attenta.
– Velocemente mi sono spostato: ho dovuto attraversare la piazza e intrufolarmi in un altro appartamento dalla parte opposta per poter avere di nuovo la visuale. Nell’ufficio con lui c’era un superiore, un colonnello, e due alchimisti.
Sull’ultima parola Vincent inarcò un sopracciglio.
– Come facevano ad essere già lì? – chiese.
– Immagino che fossero già nell’edificio. Avevano tutto il tempo di mandarli a chiamare mentre io ero intento a cambiare posizione. – scosse il capo – Io posso guardare molto lontano, ma non so volare. E anche potendolo fare non avrei potuto aiutarlo: affrontare due maestri alchimisti è molto pericoloso anche per me.
– Chi erano? – chiese Vincent.
– Uno non l’ho mai visto, aveva la tunica rossa come Feal’d ma di certo non era lui, mentre l’altro aveva la tunica nera.
L’alchimista sgranò gli occhi.
– Il priore Kleen in persona?
– Proprio lui.
– Il priore è un avversario così formidabile? – chiese Rose, intromettendosi nel discorso.
– No – rispose Vincent sovrappensiero – ma se c’era lui, allora c’erano almeno altri due alchimisti nei paraggi che svolgono funzioni di guardie del corpo. Quelli sono veramente pericolosi.
L’uomo fece cenno al ladro di continuare.
– C’è poco altro da dire. Weir stava discutendo animatamente con il suo superiore e l’alchimista in rosso ha chiuso le imposte della finestra. Non ho visto altro se non uscire dai cancelli di servizio un carro sospetto dopo un’ora. L’ho seguito per un po’ e appena ho potuto ho stordito l’uomo che lo trainava. Nel retro, sotto al telo, c’era il cadavere del capitano.
A quel punto la ragazza lo guardò senza parlare con un misto di compassione e rabbia nello sguardo, il sospetto svanito lontano. Chinò il capo annuendo impercettibilmente, forse più a se stessa che al ragazzo e si sedette di nuovo sulla branda, accanto alle gambe di Callin.
Vincent annuì a sua volta.
– Ben fatto, Callin. Direi che ti siamo entrambi debitori.
– Io invece direi che, finalmente, siamo pari.
Come allora uomo e ragazzo si guardarono e si sorrisero, rinsaldando un rapporto che per motivi diversi era stato importante per entrambi.
– Non c’è tempo da perdere: bisogna avvisare il maestro Feal’d! – disse la ragazza ma non ebbe il tempo di terminare la frase che un miagolio squillante proveniente dal corridoio buio attirò l’attenzione di tutti.
Con calma ed eleganza, Kimi fece la sua entrata scenica nel cono di luce bianca e li guardò tutti con fare supponente, poi trotterellò verso il suo padrone.
– Miao!
– Immagino, ragazzi, che ci abbia pensato lei ad avvisare Feal’d – disse Vincent con orgoglio, poi sciolse un rotolino di pergamena al collo della gatta.
Lo aprì e lesse tra sé.
Kimi intanto balzò in grembo a Rose.
– Ah! Il tuo fascino non fa più effetto a quanto pare.
Callin si alzò a sedere ed allungò la mano per accarezzare la testa di Kimi che iniziò istantaneamente a fare le fusa.
– Direi che faccio ancora un certo effetto! – sottolineò il ragazzo sorridendo.
– Avevo ragione – li interruppe Vincent fingendo di non aver sentito nulla – è di Feal’d e dice che dobbiamo lasciare la città. Meglio ancora se lasciamo l’impero.
Lanciò la lettera a Callin. Il ragazzo la aprì e la tenne in modo che anche Rose potesse leggere.
Dopo qualche attimo, il ragazzo si alzò.
– So io dove potete nascondervi. Il viaggio è lungo, ma l’impero non potrà raggiungervi. – Guardò sia Vincent che Rose – Mettetevi comodi, vado alla locanda a recuperare la vostra roba, cercano voi, non me. Al mio ritorno vi spiegherò il mio piano.
Callin regalò un altro sguardo ad entrambi prima di sparire a tutta velocità nel corridoio buio.
Lo sguardo di Vincent si perse nella polvere alzata dai piedi del ragazzo. In un modo o nell’altro era cresciuto e diventato una bella persona. L’alchimista aveva avuto un ruolo importante in quel processo e non poté far altro che sentire un moto d’orgoglio, almeno per una parte del suo passato.
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