Il treno li portò direttamente a Bogomila, quando scesero ebbe la netta sensazione di essere finita nel nulla.
La stazione altro non era che una casetta in legno, interamente dipinta di rosa, su due piani. E intorno un paio di case e campi coltivati.
Chiedendo informazioni riuscirono a sapere che il paese vero e proprio era a circa un chilometro di distanza, a piedi. Oltre le case Julie poteva vedere le vette innevate e tanto bosco.
Avevano preso informazioni durante il viaggio e prenotato in un piccolo b&b che offriva miniappartamenti. Si diressero immediatamente lì, non fu difficile trovarlo una volta giunti al centro del paese.
Molte delle abitazioni che videro durante la loro passeggiata, avevano sicuramente visto tempi migliori. Altre sembravano nuove di pallino.
Niente grandi palazzi, solo case a due piani, la maggior parte in legno
Un contrasto alquanto disorientante, e la popolazione locale non era da meno. Li guardavano come se non avessero mai visto turisti, e Julie immaginò che in effetti non era tanto lontana dalla realtà.
Quando furono dentro il loro alloggio si buttò pesantemente sul divano che faceva mostra di se nel salottino.
“Ora siamo qui, ma non sappiamo nemmeno come sia fatta, il suo nome o di cosa si occupa. Però forse non sarà così difficile trovarla, avete visto come ci guarda la gente di qui. Sicuramente un’altra straniera non sarà passata inosservata” disse pensierosa.
Avevano trattato quell’argomento durante il viaggio e alla fine la soluzione era una sola, e lei lo sapeva bene.
“Sai cosa devi fare” disse con pazienza Gabriella “se è riuscita a scappare per tutti questi anni sa passare inosservata”
“Si, si lo so. Stanotte” rispose seccata
“Ovvio, non credo che la gente del posto gradisca un enorme lupo che si aggira per le loro strade”
Julie le fece la linguaccia.
Considerando che era appena passata l’ora del pranzo, l’idea di fare un riposino non era tanto azzardata.
“Bene, allora io andrò a riposare, mi sa tanto che questa notte non dormirò molto, e neanche voi. Dovreste fare come me.” disse avviandosi verso una delle due stanze da letto.
La stanza non era grande, ma conteneva un bell’armadio, due letti singoli, ognuno provvisto di comodino e una scrivania.
Decise di prendere il letto verso la finestra, non si sentiva ancora sicura dopo quell’incontro nel treno, aveva la netta sensazione che qualcuno o qualcosa li stesse seguendo. Quando si erano fermati alla stazione aveva atteso che il treno ripartisse per controllare se quell’uomo sarebbe sceso con loro.
Ma nulla.
Eppure la sensazione permaneva.
Si distese e fissò il soffitto bianco.
Non si era più trasformata da quel giorno nella caverna e aveva paura del dolore, chiuse gli occhi e sospirò. Andava fatto.
Con quell’unico pensiero si addormentò.
“Julie, Julie, sveglia!” era la voce di Gabriella che la stava riportando a galla dallo stato di torpore in cui era scesa.
“È già notte, alzati dormigliona”
Julie sbadigliò e si sedette con le gambe fuori dal letto. Aveva dormito pesantemente ed aveva ancora la testa annebbiata.
“Che ore sono?”
“Le dieci passate!” rispose l’amica con gli occhi sgranati.
“Ho dormito come un sasso” disse lei sbadigliando.
“Ce ne siamo accorti, hai fame? Sono andata a fare dei panini.”
Julie fece di no con la testa, l’unica cosa che desiderava era rimettersi a dormire.
Si alzò in piedi e si stiracchiò, era giunto il momento. Andò a prendere il libricino che le aveva dato la strega e rilesse il passaggio dove spiegava cosa fare per eseguire una corretta trasformazione.
“Allora, io comincio, prima facciamo meglio è!” disse guardando i suoi compagni che annuirono.
Si mise al centro del salottino, mentre Samuel chiudeva le finestre e le tende e Gabriella spegneva le luci.
Julie chiuse gli occhi e si concentrò sul lupo che sentiva dentro di se. Lo cercò e lo trovò facilmente, era pronto.
Due occhi gialli la fissarono di rimando, consapevoli. Lei si arrese a lui, cedendo il posto di comando all’interno del suo corpo e tutto cominciò.
Il dolore iniziò con le fitte lancinanti, ma non furono come la prima volta, certo non fu una passeggiata, ma neanche la fine del mondo.
Dopo pochi minuti aprì gli occhi e vide tutto mutato.
Scie olfattive colorate permeavano la stanza andando in ogni direzione, individuò i suoi due amici nel buio con facilità.
Questa era la parte facile, ora veniva quella difficile.
La mente del lupo era vigile, era una sensazione strana, sentiva e vedeva come un lupo, ma manteneva la sua razionalità di essere umano.
La sensazione che l’aveva attanagliata da quando erano arrivati si fece intensa e ringhiò. Lo avvertiva, quel miasma che aveva sentito nel treno, non era lontano.
Si avvicinò alla porta e Gabriella l’aprì immediatamente, così lei potè trotterellare fuori seguendo la scia. Il lupo voleva trovarlo, stanare quella cosa che aveva quel fetore e ucciderlo e Julie non sapeva se sarebbe riuscita a fermarsi.
Non voleva uccidere nessuno.
Ripensò a quanto le aveva detto la strega e letto nel diario, i consanguinei erano collegati, potevano sentirsi, comunicare telepaticamente anche a centinaia di chilometri di distanza.
La bestia ora la incitava a correre per le strade di Bogomila, alla ricerca della preda e prima che potesse perdere definitivamente il controllo chiese aiuto.
“Ti prego, so che ci sei, non riesco a fermare il lupo, aiutami!”
Ma nella sua mente ci furono solo i suoi pensieri e quelli del lupo.
Sentiva i passi affrettati dei suoi compagni alle sue spalle.
“Mamma aiuto!” gridò con la mente, con tutta la forza che aveva.
“Calma bambina, più ti impaurisci più lui prende il sopravvento. Resta calma, sto arrivando.” fu la risposta dopo pochi secondi.
Una sensazione di gioia infinita la pervase, spazzando via le sue paure, tanto che riuscì a fermare il lupo.
Ma solo per pochi secondi.
Quando il miasma arrivò nuovamente alle sue narici il lupo la costrinse a correre, ringhiando.
Il nemico era vicino.
Julie si chiese con terrore se sua madre avrebbe fatto in tempo.
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