Ancora l’economia nel fantasy?

Non era previsto un secondo capitolo sull’economia, ma per una serie di circostanze rieccomi qui per precisare alcuni punti al riguardo.
Nell’articolo precedente abbiamo affrontato le questioni economiche di un’ambientazione fantastica, cercando di vedere quali fossero i punti realistici da studiare con attenzione. Era mia intenzione invitare gli aspiranti scrittori a porsi una serie di domande, prima di inserire battaglie e vicende direttamente legate a fattori economici. Gli esempi che avevo indicato erano pertanto abbastanza generici. Quando parlavo di “regni che vivono di sole due risorse”, non intendevo affermare che questa sia una possibilità reale, ma desideravo indicare il cammino che un “presunto scrittore” dovrebbe poi intraprendere in questo tipo di valutazioni.
Un amico però mi ha fatto notare che così come avevo presentato gli esempi, potevo essere frainteso, poiché poteva sembrare che consideravo quelle possibilità di partenza (regno con due risorse, nani sotterranei che vivono di solo commercio) come realistiche.
Il suo intervento mi pare molto valido e perciò lo riporto qui. Esso va a correggere in modo molto approfondito quei punti da me lasciati in sospeso.

L’amico che mi ha fatto notare tutto ciò è Alessio Susi, un blogger e creatore di giochi da tavolo che vive in Irlanda. Se siete interessati a quello che fa e avete una buona conoscenza dell’inglese, qui trovate il suo blog personale:
https://hermetist.wordpress.com/

Ecco dunque il suo intervento:
“L’articolo è interessante, ma personalmente mi sembra più che dimostri un altro problema delle economie nel fantasy. Nella realtà non ci sono mai regni che non hanno alcun accesso a qualche forma di auto sostentamento, non è un caso che anche il classico regno beduino, l’antico Ghana (ironicamente nell’attuale Mali) fosse costruito intorno al fiume Niger, dove era possibile avere coltivazioni e autosostentamento. L’idea dei nani che vivono sotto terra senza avere alcun tipo di cibo direttamente disponibile risulta semplicemente difficile da gestire in un ambito semirealistico, al massimo immaginerei un’economia basata attorno alla coltivazione dei funghi e all’allevamento di animali che mangiano funghi.
Creando una civilizzazione penso sia necessario farsi svariate domande: di cosa campano (come ricavano cibo e acqua), come creano il necessario per vivere (materiali per edifici, vestiti, strumenti, etc), cosa scambiano con l’esterno (spezie, seta, metalli, artefatti, etc) e cosa ricercano dall’esterno. Raramente i mercanti scambiavano cibo per lunghe distanze: tra un regno e l’altro era più probabile che venissero scambiati certi semi e bestiame (purché fossero in grado di sopravvivere nel regno d’arrivo), o al massimo alcuni cibi pregiati più duraturi (come le spezie).
In un’idea di economia contemporanea è più probabile che una nazione non produca un minimo dell’energia elettrica di cui ha assolutamente bisogno, creando enormi problemi in caso di passaggio a un’autarchia. Le economie antiche avevano più raramente questi problemi.
Quello che invece generalmente era più normale era attaccare la principale risorsa di sopravvivenza che una civiltà poteva avere. Per esempio prima di avere una dieta basata sulle patate l’Irlanda aveva una dieta completamente basata su latte e latticini, al punto che i generali inglesi negli appunti di strategia su come combattere gli irlandesi prendevano nota di ammazzare tutte le mucche che capitavano a tiro.”

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L'economia
I protagonisti dei fantasy devono essere sfigati
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Ha scritto il suo primo libro all'età di otto anni (un'orribile copia di Jurassic Park) e da allora non ha più smesso di sprecare inchiostro, nel tentativo di emulare i suoi inarrivabili punti di riferimento. Collabora con alcuni siti di interesse letterario, oltre a questo blog. Ha affrontato i misteri dell'autopubblicazione, alcuni premi letterari e una piccola pubblicazione in cartaceo, ma continua a scrivere continuamente per raggiungere il suo vero obbiettivo: scrivere continuamente.
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