Ci siamo lasciati l’ultima volta con l’idea di base per la nostra storia, quella con i micioni e gli alchimisti.
In questo appuntamento parleremo delle scelte stilistiche di base da compiere prima di iniziare a scrivere. Queste scelte possono essere ovviamente modificate durante la stesura, ma prevedono un lavoro di riscrittura non indifferente e quindi è molto meglio avere le idee chiare prima di partire.
La prima scelta da compiere è la più ovvia e meno complessa. I tempi verbali con cui scrivere la nostra storia saranno, come già detto in un articolo precedente, molteplici ma quello dell’azione principale va scelto e mantenuto per tutto il racconto e le opzioni disponibili sono solamente due: il presente o il passato.
Sostanzialmente abbiamo le stesse prospettive ed il medesimo potere narrativo con l’una o l’altra soluzione ma personalmente io preferisco il passato, che poi è la scelta classica di tutti gli autori, in quanto permette di dare un senso di compiuto alla storia che si sta narrando. Ho letto qualche volta degli esperimenti di brevi racconti scritti al presente e sebbene fossero ben fatti, non mi hanno dato la sensazione di completezza che si ottiene raccontando al passato. Ritengo che il presente sia più adatto a contesti teatrali e quindi convenga lasciarlo ai drammaturghi.
Vi riporto due stralci a titolo di esempio tanto per mostrare che non fa alcuna differenza il tempo prescelto.
Jim entrò in casa. Non era pronto allo spettacolo che i suoi nemici avevano preparato per lui. Una scia di sangue partiva dall’uscio e correva verso la scalinata in legno, puntando verso la camera dei bambini. Il cuore dell’uomo si fermò per il tempo che impiegò a salire le scale. Di slanciò aprì con una spallata la porta. La stanza era vuota, la finestra spalancata e sullo stipite della stessa, c’era una pergamena inchiodata con un lungo coltello. Senza leggere capì che i suoi figli erano stati rapiti.
Jim entra in casa. Non è pronto allo spettacolo che i suoi nemici hanno preparato per lui. Una scia di sangue parte dall’uscio e corre verso la scalinata in legno, puntando verso la camera dei bambini. Il cuore dell’uomo si ferma per il tempo che impiega a salire le scale. Di slancio apre con una spallata la porta. La stanza è vuota, la finestra spalancata e sullo stipite della stessa, c’è una pergamena inchiodata con un lungo coltello. Senza leggere capisce che i suoi figli sono stati rapiti.
Ai fini della nostra storia sceglieremo comunque il passato in quanto preferisco rimanere sul classico.
Il narratore non è solo colui che racconta la storia, sono gli occhi e le orecchie del lettore nel mondo che stiamo andando a creare. Tutto quello che arriverà al lettore sarà filtrato dal narratore e quindi scegliere con attenzione quello che fa più al caso nostro può determinare la riuscita o il fallimento di una storia interessante.
Abbiamo un paio di categorizzazioni da fare:
– Narratore interno o esterno
– Narratore onnisciente o non onnisciente
– Focalizzazione zero, interna o esterna.
Il narratore interno è un personaggio. Che sia il protagonista o un comprimario poco importa, la cosa importante è che sia direttamente informato dei fatti in quanto li ha vissuti in prima persona. Di solito questo tipo di narratori sono contraddistinti dal narrato in prima persona, quando sono i protagonisti o in terza persona quando sono comprimari con parecchie parti in cui intervengono per fornire le proprie sensazioni ed esperienze legate alla scena descritta. L’esempio più famoso di narratore interno, ma non protagonista che mi viene in mente è il Dr. Watson, il fido compagno di Sherlock Holmes, che risulta essere il narratore delle avventure del famoso investigatore.
Il narratore esterno non ha preso parte alle vicende che narra e quindi il suo punto di vista è necessariamente più distante da quello del narratore interno. Non è coinvolto come attore, ma come spettatore. Narrerà sicuramente in terza persona ed è ancora libero di fornire commenti personali al lettore, ma non in veste di parte in causa, bensì di persona maggiormente informata sui fatti. Taluni autori, quando scrivono con questo tipo di narratore sono addirittura portati ad inscenare un dialogo con i lettori, fornendo spunti di riflessione o semplici commenti ironici.
A prescindere dalla sua posizione, il narratore che conosce tutta la storia nei minimi dettagli, che riesce a leggere nella mente dei personaggi e può fornire informazioni da qualunque punto temporale o spaziale della trama è detto onnisciente. È un narratore potente in quanto permette all’autore di svelare al lettore eventi o situazioni che tiene nascosti ai personaggi in modo da porre chi legge in una posizione privilegiata. Talvolta può generare ansia causata ad esempio dal fatto che il lettore sa che un personaggio sta per finire in una trappola o che sta prendendo un granghio madornale, ma non può in alcun modo avvertirlo. Usare questo tipo di narratore però può introdurre una serie di problemi legati alla mancanza di suspance o altri errori stilistici.
Questo narratore non sa tutto, segue la vicenda insieme al lettore e non è in grado di fornire ulteriori informazioni. Di solito viene associato al punto di vista di un personaggio e quindi la narrazione si arricchisce dei pensieri di quest’ultimo ma non degli altri. È meno potente dell’onnisciente, ma più incline a far immedesimare il lettore con il personaggio, generando una sorta di legame simbiotico. Quando il personaggio scopre qualcosa, anche il lettore lo fa e cresce con lui.
Utilizzabile solo in combinazione con narratori esterni ed onniscienti non pone il punto di vista su alcun personaggio, ma su una scena o sulla narrazione nella sua interezza. Permette di essere in più posti contemporaneamente e penetrare nella mente di tutti i personaggi. Il lettore viene posto su di un piedistallo soprelevato, un po’ come il giudice di gara del tennis, ed osserva tutto quello che accade nella maniera più chiara possibile.
Si utilizza quando un narratore assume il punto di vista di un personaggio, permettendo al lettore di conoscere i suoi pensieri ma non quelli degli altri. In quel momento il narratore ne sa quanto il personaggio e così il lettore.
Si utilizza quando il narratore non assume il punto di vista di alcun personaggio ma si limita a descrivere una scena senza permettere al lettore di conoscere i pensieri di chi la popola. In linea di massima è un mero spettatore che ne sa meno dei suoi stessi personaggi.
Una tabella riassuntiva con esempi di tutte le combinazioni di narratori e focalizzazioni è d’obbligo.
Tipo |
Caratteristiche |
Esempio |
Esterno, onnisciente, foc. zero |
– Sa tutto – Penetra i pensieri di tutti i personaggi – Spazia in tutti i punti spazio-temporali della trama – Volendo, può interagire con il lettore |
Il suo aguzzino gli dava le spalle, mentre con sadica soddisfazione arroventava una tenaglia nella forgia per continuare la tortura. Jim trovo la determinazione nel ricordo della sua Lucy e si preparò ad affrontare la nuova ondata di dolore che gli avrebbero sicuramente inferto di lì a poco. Nella stanza accanto Lord Monroe era stravaccato su di una panca e si godeva estasiato ogni singola nota delle urla del malcapitato. Finalmente poteva assaporare la vendetta sul bastardo che gli aveva tagliato la mano. |
Esterno, onnisciente, foc. interna |
– Sa tutto, ma fa in modo che i personaggi parlino per lui. – Penetra i pensieri di un personaggio – Sceglie di narrare dal punto di vista di uno solo di essi – Spazia nello spazio-tempo della trama limitatamente alle vicende inerenti al personaggio prescelto. – Volendo, può interagire con il lettore |
Il suo aguzzino gli dava le spalle. Jim poté solo immaginare con quanta sadica soddisfazione stesse arroventando quella tenaglia nella forgia, ma fece di tutto per impegnare la mente in un ricordo felice per resistere. La sua Lucy gli parve l’unica cosa per cui valesse la pena lottare e forte di una nuova determinazione si preparò al nuovo dolore che sicuramente gli avrebbero inflitto. Nemmeno le risa di Lord Monroe che provenivano dalla stanza accanto poterono nulla contro l’immagine della donna che ora portava stampata nella mente. |
Esterno, onnisciente, foc. esterna |
– Sa tutto, ma tiene nascoste molte informazioni – Non penetra i pensieri dei personaggi – Sceglie di descrivere una scena così come si svolge. – Spazia nel spazio-tempo limitatamente alla scena che sta descrivendo |
Il suo aguzzino gli dava le spalle, mentre arroventava con lentezza cerimoniale una tenaglia per continuare la tortura. Jim aveva un’espressione tirata e stanca, ma lentamente riapparve il sorriso sotto quel pasticcio di lividi ed incrostazioni di sangue. Lo sguardo si fece determinato, fisso sugli anelli della catena che gli bloccavano i polsi. La tortura sarebbe ripresa di lì a poco. Una risata proruppe dalla stanza accanto. Lord Monroe stava stravaccato su una panca osservando con occhi spiritati il moncherino della mano sinistra che Jim gli aveva tagliato l’anno prima. |
Esterno, non onnisciente, foc. interna |
– Non sa tutto, ma solo quello che sa il personaggio scelto – Penetra i pensieri di un personaggio – Sceglie di narrare dal punto di vista di uno solo di essi – È vincolato nello spazio e nel tempo dalle conoscenze del personaggio |
Il suo aguzzino gli dava le spalle. Jim poté solo immaginare con quanta sadica soddisfazione stesse arroventando chissà quale attrezzo di tortura nella forgia, ma fece di tutto per impegnare la mente in un ricordo felice per resistere. La sua Lucy gli parve l’unica cosa per cui valesse la pena lottare e forte di una nuova determinazione si preparò ad affrontare quello che lo attendeva. Una risata proveniente dalla stanza accanto gli indicò che qualcuno si stava godendo la scena. Non capì se si trattasse di Lord Monroe o di suo fratello gemello, le loro voci erano troppo simili per riconoscerli. |
Esterno, non onnisciente, foc. esterna |
– Non sa tutto, ma solo quello che vede nella scena – Non penetra i pensieri dei personaggi – Sceglie di descrivere una scena così come si svolge. – È vincolato nello spazio e nel tempo dal susseguirsi degli eventi nella scena descritta |
Il suo aguzzino gli dava le spalle, mentre arroventava con lentezza cerimoniale una tenaglia per continuare la tortura. Jim aveva un’espressione tirata e stanca, ma lentamente riapparve il sorriso sotto quel pasticcio di lividi ed incrostazioni di sangue. Lo sguardo si fece determinato, fisso sugli anelli della catena che gli bloccavano i polsi. Una risata proruppe dalla stanza accanto. |
Interno, onnisciente, foc. interna |
– Sa tutto, ma fa in modo che i personaggi parlino per lui. – Penetra i pensieri del personaggio prescelto (di solito egli stesso) – Spazia in tutti i punti spazio-temporali della trama – Volendo, può interagire con il lettore |
Il mio aguzzino mi dava le spalle. Potei solo immaginare con quanta sadica soddisfazione stesse arroventando quella tenaglia nella forgia, ma decisi che era meglio trovare un ricordo felice su cui concentrarmi per resistere all’ondata di dolore che mi avrebbe investito di lì a poco. La mia Lucy era la risposta. Stavo facendo tutto quello per lei; era la mia unica vera motivazione, così una volta focalizzata la sua immagine nella mia mente sentii una nuova determinazione crescere in me. Nemmeno le risa di Lord Monroe che provenivano dalla stanza accanto poterono nulla contro il mio nuovo stato d’animo. Quel maiale sicuramente stava a fissarsi il moncherino che gli avevo lasciato l’anno prima al posto della mano sinistra e rideva del mio dolore. Ma quello che non sapeva e che avrei resistito a molto peggio. |
Interno, onnisciente, foc. esterna |
– Sa tutto, ma tiene nascoste molte informazioni. – Non penetra i pensieri dei personaggi – Sceglie di descrivere una scena così come si svolge. – Spazia nel spazio-tempo limitatamente alla scena che sta descrivendo – Volendo, può interagire con il lettore |
Jim non poteva vedermi perché mi ero trasformato in una mosca. Ero lì ad osservare la scena del suo aguzzino che arroventava una tenaglia con fare meticoloso, come se stesse arrostendo un pezzo di carne. Scorsi l’espressione del mio amico mutare, tendendo verso un accenno di sorriso e nuova determinazione nacque nel suo sguardo. La risata di Lord Monroe proruppe nella stanza, dato che stava stravaccato subito fuori della porta su di una panca a fissarsi, come al solito, il moncherino della mano sinistra. |
Interno, non onnisciente, foc. interna |
– Sa solo quello che sa il personaggio scelto. – Penetra i pensieri del personaggio prescelto (di solito egli stesso) – È vincolato nello spazio e nel tempo |
Il mio aguzzino mi dava le spalle. Potei solo immaginare con quanta sadica soddisfazione stesse arroventando chissà quale strumento di tortura, ma decisi che era meglio trovare un ricordo felice su cui concentrarmi per resistere a quello che avrebbe usato contro di me. La mia Lucy era la risposta. Stavo facendo tutto quello per lei; era la mia unica vera motivazione, così una volta focalizzata la sua immagine nella mia mente sentii una nuova determinazione crescere in me. Nemmeno le risa che provenivano dalla stanza accanto poterono nulla contro il mio nuovo stato d’animo. Non capii di chi si trattava; poteva essere Lord Monroe, ma anche suo fratello: avevano delle voci così simili. |
Interno, non onnisciente, foc. esterna |
– Non sa tutto, ma solo quello che vede nella scena. – Non penetra i pensieri dei personaggi – Sceglie di descrivere una scena così come si svolge. – È vincolato nel tempo e nello spazio |
Jim non poteva vedermi perché mi ero trasformato in una mosca. Ero lì ad osservare la scena del suo aguzzino che arroventava chissà quale strumento di tortura con fare meticoloso, come se stesse arrostendo un pezzo di carne. Scorsi l’espressione del mio amico mutare, tendendo verso un accenno di sorriso e nuova determinazione nacque nel suo sguardo. Una risata proruppe nella stanza, non capii se si trattasse di Lord Monroe o di suo fratello: avevano le voci troppo simili |
Ci tengo solo a mettere in evidenza come alcuni dettagli spariscano o ricompaiano a seconda del tipo di narratore in tutti gli esempi della stessa scena.
Taluni sono simili altri molto diversi ed a mio parere nessuna soluzione può definirsi perfetta per un romanzo fantasy. Alcuni autori danno il meglio con un determinato tipo di narratore, altri quando sono liberi di spaziare, altri ancora riescono magistralmente con narratori interni fissi sempre sullo stesso personaggio. Personalmente, andando forse controtendenza, apprezzo molto i narratori di tipo onnisciente a patto che non compaiano nella storia con domande o commenti diretti al lettore e non ho alcun problema se talvolta si riesce ad intravedere l’idea che il narratore ha della situazione che sta narrando. Altri ritengono invece che il narratore onnisciente non sia adatto ad un fantasy in quanto rimuova la suspance dalle scene rendendo il libro una noia mortale. Con questa discussione sconfiniamo nel gusto personale e quindi ritengo che non sia il caso di approfondire. L’unica cosa sicura è che il narratore non deve essere troppo ingombrante. Se il lettore non vede la scena, ma vede il narratore che racconta allora sicuramente si annoierà per cui posso convenire che l’onnisciente esterno può essere pericoloso in quanto porta naturalmente l’autore a comparire in prima persona, ma ritengo anche che con un po’ di accortenza sia possibile sfruttare la potenza dell’onniscienza senza esagerare. Vi risparmio la famosa citazione dello zio Ben.
Per quei narratori che fanno uso della focalizzazione interna, sorge il problema del personaggio da seguire. È in linea di massima consigliabile non cambiare mai, in modo da non infilarsi in situazioni difficili da gestire, ma una soluzione del genere, a mio avviso, castra un bel po’ le possibilità narrative. Un buon espediente per evitare problemi di confusione nel lettore è quello di fissare il punto di vista nella testa di un personaggio e cambiarlo solamente quando si cambia scena. Che sia la fine di un paragrafo o di un capitolo, poco importa, quello che conta è il cambio di contesto. È necessario fare estrema attenzione a non spostare il punto di vista tra due personaggi nella stessa scena altrimenti il lettore risulterà confuso e potrebbe spazientirsi.
Per quei narratori invece che sfruttano la focalizzazione esterna, il punto di vista non va posto nella testa di un personaggio, in quanto i pensieri dello stesso sono preclusi al lettore, ma è comunque preferibile seguire un soggetto specifico più degli altri, per evitare l’effetto della telecamera che inquadra due attori nella stessa stanza saltando dall’uno all’altro.
L’uomo rideva mentre le versava del vino, la donna lo guardava affascinata. Lui posò la bottiglia e le sorrise, lei arrossì vistosamente.
È consigliabile, in caso di azioni contemporanee slegate di seguire a turno i due personaggi saltando al secondo solo se il primo ha concluso.
L’uomo le versò il vino lentamente poi posò la bottiglia e le sorrise. Lei lo stava osservando affascinata già da quando aveva stappato quel barolo, ma quando ricevette quel sorriso non poté nascondere di essere arrossita vistosamente.
Il tono della narrazione è importante in quanto seguirà il lettore per tutto il racconto. Se scegliamo di essere ironici o seri oppure ancora depressi, dobbiamo avere un motivo per farlo e di solito questo è possibile con narratori interni che per forza di cose mostrano il loro carattere nel modo in cui raccontano. È possibile cambiare tono ma il cambio deve essere giustificato da un accadimento. Ricordiamoci che un narratore onnisciente interno è sostanzialmente un personaggio che conosce la fine della sua stessa storia e si deve considerare che, anche all’inizio, il suo tono non potrà mai far trasparire incertezza nella conclusione in quanto la conosce già. Un buon espediente è quello del “senno di poi”.
All’epoca non mi erano chiare le parole dell’oracolo. Se solo avessi saputo allora quello che so adesso, mi sarei risparmiato un sacco di notti insonni.
Questa è una tipica frase da narratore onnisciente interno che cerca di segnalare l’ansia che ha provato quando ha vissuto il momento che sta raccontando. Non è una delle soluzioni migliori, ma almeno funziona, senza apparire un narratore confuso che diventa ansioso raccontando un evento per lui passato e soprattutto risolto.
Concludo qui questo lungo articolo sperando di non avervi annoiato. Non abbiamo toccato la storia degli alchimisti e dei gattoni perché c’è bisogno di riflettere su quali scelte operare prima di iniziare. Dal prossimo appuntamento cominceremo a strutturare il mondo nel quale muovere i primi passi.
(10817)
Annoiato? Ale, al massimo ci hai rimpinzato come tacchini il giorno del ringraziamento! XD
Sembra che siamo in vena di articoli lunghi, questa settimana 😉
Alcune volte non bastano poche parole per esprimere al meglio un concetto! xD
Non mi hai annoiato per niente – interessante davvero questo articolo – Lezione 6.
Certo il Narratore è una scelta importante Confesso che io amo il Narratore Onniscente soprattutto quello a focalizzazione zero – certo penso che sia necessaria forse più attenzione e soprattutto sia importante non esagerare con l’onniscenza – ma rimane il mio narratore favorito.
Riguardo ai tempi verbali con cui viene raccontata la storia – anche se è vero che il passato è bello ed è il più comune e riuscito ci sono libri scritti al presente,. molto bene che riescono a coinvolgere in pieno il lettore.
Conosci la Saga di “Oltremondo” di Marta Leandra Mandelli, tutto è raccontato il prima persona e devo dire che adoro quella Saga. L’autrice è riuscita usando la prima persona e coinvolgere moltissimo il lettore ed a creare più feeling con la protagonista ed i suoi amici.
Insomma io direi, mai dire mai – un o una buona autore/autrice possono scrivere un bel libro utilizzando quasi qualunque tenpo 😉