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17. Componenti della scena

L’articolo di oggi ha lo scopo principale di presentare una scena della storia degli alchimisti, applicando tutto quello che si è detto fino ad ora. L’unica componente “teorica” riguarderà la suddivisione in “narrato, descritto e dialogato” di una scena.

Componenti della scena

Quando si scrive una scena è quindi bene dosare la quantità di informazioni che vengono fornite al lettore e soprattutto scegliere il mezzo migliore per veicolarle. Come accennato qualche rigo fa, possiamo suddividere in tre parti principali ciò che scriviamo:
1) Descrizione
2) Narrato
3) Dialogo
Ognuna di esse ha caratteristiche diverse e alcune sono più adatte di altre a veicolare le informazioni.

Descrizione

Per quanto riguarda le descrizioni, ne abbiamo già ampiamente discusso nell’articolo dedicato e quando abbiamo parlato delle scenografie. In questa sede voglio solo sottolineare il potere rallentante delle descrizioni rispetto a tutta la storia. Inserire ampie parti descrittive, infatti, contribuisce a far scorrere in maniera più lenta il tempo. Anche quando si fa in modo di utilizzare descrizioni dinamiche, che incorporano una grande quantità di azioni, il solo fatto di aumentare il numero di aggettivi nelle frasi o di fornire molti più dettagli del solito, rende il racconto più lento. Il motivo è facilmente individuabile nel fatto che le descrizioni sollecitano i sensi del lettore, specialmente la vista, e di solito questo tipo di sollecitazioni vengono elaborate, nella vita di tutti i giorni, contemporaneamente agli eventi che accadono.
In pratica, gli esseri umani, quando compiono qualunque attività, elaborano le informazioni che ricevono dai sensi, e quindi la descrizione dell’ambiente esterno, in maniera quasi inconscia, mentre compiono altre azioni. Dover invece leggere una descrizione in un romanzo, impone loro che l’elaborazione avvenga a livello conscio, sottraendo tempo invece alle azioni che si stanno svolgendo. È come se il tempo si fermasse per dare modo al lettore di assimilare la descrizione, prima di riprendere con la storia.
Spesso ho avuto discussioni con persone che “le descrizioni le salto, perché sono noiose” ed ho capito quanto sia importante non esagerare con questi rallentatori naturali che, per quanto indispensabili, rischiano di rovinare l’esperienza del lettore.

Narrato

Il narrato invece è quella parte della storia che presenta le azioni vere e proprie di una scena. Ne abbiamo parlato in maniera diffusa per tutti gli articoli in quanto, nonostante tutto, esso rappresenta il cuore della storia. Senza vicende da raccontare, il romanzo non ha senso di esistere.
Di solito una parte narrata molto ampia ha lo scopo di velocizzare il racconto in quanto fa progredire la trama, aggiungendo avvenimenti, modificando le situazioni o semplicemente volgendo verso la conclusione dei fatti.
I lettori di solito non si lamentano di ampie parti narrate in quanto esse soddisfano la curiosità intrinseca di sapere come va a finire la storia, ma esse sono pericolose per l’autore. Condensare troppi avvenimenti tutti insieme fa correre il rischio di accorciare il romanzo, costringendo lo scrittore ad inserire nuove parti in futuro per ripristinare la lunghezza prevista.
Mi rendo conto che non si debba giudicare una storia dalla sua lunghezza, ma quando un racconto comincia ad assomigliare un riassunto di una storia più ampia che la storia stessa, allora c’è qualcosa che non va.

Dialoghi

I dialoghi sono invece quelle parti in cui due o più personaggi interagiscono in maniera maggiore. È vero che è possibile far interagire due persone anche senza che esse parlino, ma è fuori discussione che il modo più semplice e potente di mostrare la personalità di un personaggio è farlo parlare. Egli potrebbe fare una battuta fuori luogo, prendersi troppo sul serio, mentire, insultare, apprezzare e mille altre cose, ma l’importante è il modo in cui lo fa. Le parole che usa per esprimere un concetto possono fare la differenza tra un personaggio piatto ed uno ben caratterizzato.
Dal punto di vista della velocità delle scene, un dialogo è più veloce di una descrizione, ma sicuramente meno di una serie di azioni intraprese in sequenza. C’è da dire però che dipende molto dal tipo di dialogo. Battute rapide e concitate potrebbero aggiungere velocità, se non addirittura un senso di fretta incombente alla scena, mentre frasi lunghe e distese, possono rendere ancora più lenta la scena di una tranquilla chiacchierata tra amici.
A differenza di quanto si pensi, i dialoghi vanno studiati attentamente, sia per il motivo che ho specificato prima della caratterizzazione, ma anche e soprattutto per evitare di usare lo scambio di battute tra due personaggi per dare informazioni al lettore. Discorsi inutili, che hanno il solo obiettivo di spiegare qualcosa a chi legge sono patetici e privi di spessore. Vi rimando agli esempi sull’infodump per maggiori informazioni.

La scena

Veniamo ora ad una scena costruita seguendo tutti i consigli dati fino ad ora.
In questo frangente Rose e Vincent hanno già cominciato l’addestramento della ragazza da qualche mese e, visto che la giovane insiste in maniera esagerata sul voler apprendere le tecniche di manipolazione diretta del mondo, l’anziano maestro le ha proposto una prova sul campo. Rose ha visto Vincent compiere delle trasformazioni, ma nulla di troppo eclatante, per cui, felice di poter finalmente vedere in azione il suo maestro ed imparare qualcosa di più utile dei soliti intrugli in provetta non se lo fa ripetere due volte.

Mancavano pochi minuti all’alba ed il sole, ancora nascosto sotto l’orizzonte, proiettava i primi timidi raggi di quella che sarebbe stata una calda giornata estiva. Il cielo si era tinto delle tipiche sfumature di rosa che annunciano l’arrivo del nuovo giorno e Rose stava seduta su un cubo di roccia perfettamente scolpito al centro della radura. Ormai aveva fatto l’abitudine alle levatacce che Vincent le imponeva e l’appuntamento che le aveva dato, all’alba, non era certo un problema. Dalla cima del colle, dove si trovava, era possibile abbracciare con un unico sguardo gran parte dell’isola ed i raggi dorati del sole che faceva capolino all’orizzonte lentamente si distendevano liquidi sul mare.
– Bello spettacolo, eh?
La ragazza trasalì nel sentire la voce del suo maestro a pochi centimetri da lei, si voltò ma non riuscì a vederlo. Allungò una mano nella direzione dalla quale proveniva la voce finché non incontrò una sorta di barriera d’aria più densa che tremolò, lasciando intravedere, per un attimo, la figura alta di Vincent dietro di essa.
Una risata provenne dal luogo dove il vecchio alchimista doveva trovarsi e poi con uno spostamento d’aria repentino, la barriera si espanse colpendo Rose in pieno. La ragazza chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò sotto una cupola molto ampia: le sembrava di stare all’interno di una campana di vetro.
– Dall’esterno non si riesce a vedere all’interno, vero? – chiese al vecchio alchimista che era di fianco a lei, perfettamente visibile.
– Perspicace! Non vorrai che qualcuno riesca a vedere, anche per sbaglio, cosa stiamo facendo qui?
E senza attendere risposta alla sua domanda retorica, Vincent le porse uno degli involti di stoffa che aveva sotto il braccio.
– Tieni, indossala.
Rose srotolò l’involto e si ritrovò tra le mani una lunga tunica blu notte. Sembrava ricavata da un unico pezzo di stoffa e non presentava alcun abbellimento né simbolo. Rivolse uno sguardo indagatore al suo maestro ma questi era impegnato a srotolare l’altro pacchetto che si rivelò essere un’altra tunica blu della taglia di Vincent. A differenza di quella di Rose, però, le maniche erano finemente decorate con una serie di linee serpeggianti che si arrotolavano e distendevano in improbabili arabeschi. Seguendo con gli occhi le tracce argentate che si diramavano dai polsi e correvano lungo tutta la manica, Rose notò che si estendevano sul petto e la schiena passando per due spalline rinforzate, anch’esse dello stesso colore.
– Anche la mia tunica era spoglia come la tua, quando iniziai i miei studi – le disse l’alchimista con un sorriso – le decorazioni vanno meritate.
– Perché il blu? – chiese Rose mentre cercava goffamente di infilare la tunica.
– È il mio colore. L’allievo è tenuto a portare i colori del suo insegnante finché non termina i propri studi. È così che funziona all’accademia.
– Ma noi non siamo all’accademia. E poi tu sei fuggito, perché vuoi applicare le loro regole con me?
Il sorriso di Vincent si spense all’istante ed il suo sguardo si indurì. La ragazza capì che con quella domanda aveva suscitato delle emozioni tristi nel vecchio alchimista. Si fissò la punta delle scarpe e prese a tormentarsi una ciocca di capelli senza sapere che dire.
L’uomo attese qualche secondo, poi si avvicinò e poggiò delicatamente una mano sulla testa della ragazza.
– Piccola Rose, la tua domanda è lecita, non lasciarti mettere soggezione da un vecchio burbero troppo emotivo. – le accarezzò la guancia delicatamente e le sollevò il mento con un dito. Quando gli occhi della ragazza incrociarono quelli azzurri del suo maestro, non vi era più traccia di tristezza né di un possibile rimproverò. Rose accennò un lieve sorriso prima che Vincent si allontanasse da lei rivolgendole le spalle.
– L’accademia esiste da centinaia di anni e non è sempre stata quella che è ora. Alcune tradizioni, come questa della tunica, sono molto più vecchie e per quanto io e te possiamo essere degli alchimisti fuorilegge, credo sia il caso di onorarle. Ed ora, in posizione!
Vincent si voltò, si mise in ginocchio e poggiò una mano a terra, mentre teneva l’altra distesa in avanti in direzione di Rose.
La ragazza lo imitò. Aveva visto quella posizione molte volte nei libri che l’alchimista le faceva studiare e, sebbene non avesse veramente sperato in un duello alchemico quando il maestro le aveva proposto quella prova sul campo, si ritrovò a temerne le conseguenze.
– A te la prima mossa – le disse Vincent con aria di sfida.
Rose chiuse gli occhi e sondò il terreno con la propria energia, come faceva quando preparava i composti in laboratorio. La differenza nei risultati ottenuti la sbalordì. Quando analizzava in quel modo un intruglio in provetta riusciva a distinguere tutti gli elementi che lo componevano a seconda delle vibrazioni che emettevano, ma nel terreno sotto i suoi piedi vi erano troppe sostanze per poterle distinguere. Tentò lo stesso approccio con l’aria ed ottenne risultati migliori, avendo già provato in laboratorio a creare reazioni con l’atmosfera, ma per quanto si potesse sforzare, non trovò nessuna trasformazione da utilizzare contro il suo rivale.
Un po’ per evitare di deludere il maestro, un po’ per orgoglio personale, Rose non chiese consiglio su come muoversi, piuttosto condensò il vapor acqueo presente nell’aria creando una nube grigia e soffice che avvolse i due contendenti, poi rapidamente si spostò, sempre protetta dalla coltre appena creata.
Vincent sorrise.
– Idea carina, ma troppo semplice.
Con un movimento deciso della mano l’alchimista spazzò via la nube con un vento impetuoso e con la mano ancora a terra convogliò le sue energie alla ricerca dell’elemento più abbondante. Nel giro di un secondo Rose si ritrovò allo scoperto con una roccia bianca, appuntita ed affilata che sorgeva dal terreno a pochi centimetri dalla mano di Vincent e puntava alla sua gola.
Meravigliandosi della sua stessa presenza di spirito, la ragazza toccò la lama di roccia ed in un istante la scompose, polverizzandola. Vincent colpì il terreno con i palmi più volte, facendo sorgere forme sempre diverse di pietre calcaree che tentavano di colpire la ragazza. Rose schivava con difficoltà e quando poteva toccava le rocce per polverizzarle. Essendo composte da un unico elemento, non aveva bisogno di troppa concentrazione per distruggerle, ma nonostante tutto, non era in grado di pensare ad un modo per contrattaccare.
Dopo un paio di minuti passati a difendersi, la stanchezza cominciò a farsi sentire ed in un attimo di distrazione Rose fu colpita in pieno petto da un maglio di roccia spuntato all’improvviso.
La ragazza volò indietro per un paio di metri e cadde sulla schiena con un urlo smorzato dall’urto.
– Rose! – il vecchio alchimista le corse incontro ma, mossi pochi passi, inciampò e cadde in avanti. Una piccola roccia bianca era spuntata dal suolo e gli aveva intralciato il passo. Si rialzò e vide Rose, seduta con una mano piantata per terra che sorrideva. La ragazza poggiò anche l’altra mano e lentamente una parete bianca di roccia spuntò dal terreno tutto intorno a Vincent rinchiudendolo in uno stretto parallelepipedo calcareo fino alla vita.
Rose ansimava vistosamente ed aveva il petto dolorante, ma la soddisfazione di essere riuscita a controllare una tale quantità di roccia le dipinse un sorrisone sul volto.
– Brava! – le disse Vincent visibilmente soddisfatto – non mi aspettavo che saresti riuscita ad estrarre un elemento da quel miscuglio di materiali che abbiamo sotto i piedi.
Con un dito toccò la sua prigione bianca, che si sgretolò in un attimo e mosse alcuni passi verso la ragazza togliendosi di dosso la polvere. Le porse una mano per aiutarla a rialzarsi.
– Penso che tu ti sia appena meritata il primo riconoscimento – disse poi estraendo da una tasca due fili argentati. Li poggiò sulle maniche della tunica spoglia di Rose ed essi presero a muoversi verso i polsi, andando a formare un bordino di abbellimento.
La ragazza sorrise ancora e si voltò verso il sole che ormai era sorto del tutto e cominciava il suo percorso e non poté fare a meno di pensare che anche lei aveva appena compiuto il primo passo verso il suo destino.

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16. Il punto di vista, il ritmo ed altre scelte stilistiche avanzate
18. Fabula, Intreccio e Colpi di Scena
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Alessandro Zuddas

Alto, bello, forte, intelligente, affascinante, carismatico, sposta gli oggetti con il pensiero, sa volare, parla la lingua comune intergalattica ed è così dannatamente fantasioso che qualche volta confonde cioè che immagina con la realtà… diciamo spesso… anzi no! Praticamente sempre! A pensarci bene non è che sia così tanto alto, affascinante o tutte le altre doti prima esposte, ma a chi importa? Quando si possiede la capacità di creare un mondo perfetto o perfettamente sbagliato oppure ancora così realistico da poterlo sovrapporre alla realtà, perde di senso chi si è veramente e conta solo chi si desidera essere.

1 Comment

  1. avatar SaraIE ha detto:

    bello, mi piace l’esempio pratico con Rose e Vincent. aspetto già il prossimo articolo 🙂

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