Nnnnngghh!
Questo era il rumore che la giovane Annalucia andava emettendo da circa quindici minuti, cioè da quando si era chiusa a chiave nella sua stanza con espressione assai determinata. Data la natura ambigua delle sue emissioni vocali, ci terrei a specificare che la camera in questione non disponeva di un bagno, e che per di più entrambe le chiappe della ragazza erano ben coperte – per quanto lo permettesse l’infelice accoppiata tra jeans a vita bassa e sedere sovrabbondante – e dignitosamente posate sul letto. Se Annalucia non stava espletando la più intima delle sue funzioni corporali, né stava svolgendo alcuno sforzo fisico particolarmente gravoso, che so, alzare i mattoni, che cosa allora la spingeva a barrire a quel modo?
Supponiamo di spiare per qualche momento dalla serratura della stanzetta chiusa a chiave: vedremmo prima una scrivania ingombra di oggetti inutili – un elefante di ceramica, un narghilè, un peluche a forma di gallina, una cafonissima lampada di quelle che producono bolle di cera, roba che non si vedeva dagli anni ’80 – e poi, ah, finalmente, un letto. Sul letto una ragazza di tenera età, di carnagione chiara, piuttosto grassoccia e con una massa di capelli da far piangere un parrucchiere, raggomitolata in un maglione verde e blu e intenta a fissare un punto imprecisato della stanza.
-Nnnnggghhh!
-Annalucì, bella di mamma, non ti senti bene?
-No, mamma, tutto bene!
-Non è che le cozze ti hanno dato fastidio? No perché se non erano buone, io a quel Giggino gli faccio una faccia di schiaffi, che non sai quanto me le ha fatte pagare! Che poi salta fuori che chissà da dove…
-Mamma, sto bene! Non ti preoccupare!
Dall’edificante siparietto qui riportato, il lettore avrà ormai dedotto che i tremendi mugolii non erano conseguenza diretta di qualche scossone eviscerale della giovinetta; d’altronde possiamo escludere un principio di appendicite o peggio ancora una colica renale, perché in tal caso, pur non essendo Annalucia una cima di intelligenza, di certo non avrebbe scelto di restarsene appollaiata sul letto a contemplare i propri soprammobili.
E allora? Forse per il lettore sarebbe più semplice se a prendere parola fosse la sventurata mugolatrice, che, sudata, scocciata e a dirla tutta pure un po’ appesantita dal quintale di impepata di cozze che s’era mangiata a pranzo, aveva appena tratto dal cassetto della scrivania il suo diario personale; in realtà, chiamarlo diario era piuttosto approssimativo, poiché al posto di una semplice agenda rilegata, la ragazza aveva scelto un affare tutto rosa, piumato e con un gigantesco diamante di plastica viola al centro della copertina. Una cosa sobria, non c’è che dire.
Sulla prima pagina pulita che riuscì a trovare Annalucia annotò in fretta e furia e con grande sprezzo della grammatica: “Caro diario, io non lo so come é possibile che non riesco a fare neanche una magia. Sono due settimane che ci provo e alla fine tutto quello che succede é che la roba si fa tutta molliccia e unta. L’altro giorno ho dovuto buttare un libro rovinato, ma non riesco a capire come succede. Sono arrabbiata e frustata. Non voglio essere più una maga.
Tua AnLu97”
E fu così che l’arcano venne svelato: i muggiti furibondi che Annalucia lasciava gorgogliare via dalla propria giovane gola altro non erano che i versi di disperazione di una povera maga, o meglio strega, in difficoltà. Chi l’avrebbe mai detto.
-Marì, ti devo dire una cosa.
-No, Annalucì, i compiti non te li faccio copiare stavolta!
-E chi ti ha chiesto niente? Non volevo copiare i compiti!
-Si, e io mo’ ci credo! Non li fai mai e poi li vuoi sempre da me!
-Marì, stai zitta. Ti devo dire una cosa seria. È importante. Sono una strega.
-Si, si, pure io. Infatti ora trasformerò quella pozzanghera in un lago fatato.
-Lo vedi che non ti posso dire niente? È la verità! Ho dei poteri, ma non capisco come funzionano, non riesco a spostare gli oggetti e nemmeno a distruggerli, però se mi concentro cambiano un po’. Si fanno tutti mollicci. Non ci capisco più niente.
-Hai il potere di ammosciare le cose! Stupendo!
-Marì, finiscila. Ho un problema!
-E ci credo che hai un problema, pensa se ti trovi un fidanzato, è una tragedia, altro che problema! Sarà condannato all’impotenza a vita!
Come avrete constatato, la pur giovane Maria aveva una spiccata predisposizione per l’umorismo di pancia, cosa che in realtà non mancava mai di divertire Annalucia, se non fosse stato che in quel momento tutte le sue preoccupazioni vertevano sulla possibilità di essere diventata la Regina dell’Ammosciamento, per cui assunse un’espressione indignata e si distaccò di qualche passo dalla compagna, dirigendosi con alterigia verso il cancello di casa, ma finendo suo malgrado per impiastricciarsi le suole nella sopraccitata pozzanghera. Ci vollero parecchi minuti perché le suole della sventurata Annalucia ritornassero al precedente candore e perché l’incontenibile Maria capisse di aver esagerato; così, quando le due amiche si ritrovarono sole nella stanza, nessuno parlò per un po’. Alla fine, piena di intenti conciliatori, quest’ultima esordì dolcemente:
-Dai, stavo scherzando. Veramente hai dei poteri?
-Te l’ho già detto.
-E che sai fare?
-È questo il punto, non lo so. Non riesco a capire.
-Perché non provi con qualcosa e mi fai vedere? Tieni, ho una penna.
-Va bene. Poggiala lì e spostati.
L’amica abbandonò la penna sulla scrivania e si andò a rifugiare in un angolo, piena di curiosità. Annalucia sedette sul solito letto, si raggomitolò tutta quasi dovesse rotolare giù da una collina, poi fissò la penna inerme e cominciò a grugnire come al solito:
-Nnnnggghhhh!
Mentre gemeva orribilmente, il gomitolo di carne che un tempo era stato una ragazzina aveva pure cominciato a sudare con una certa copiosità, tant’è che ora si intravedeva solo un maglione rosa e arancio alquanto ben farcito, con sopra poggiata una palla paonazza e lucida. Era la faccia stravolta di Annalucia, nel caso non lo aveste capito.
Dopo parecchi mugolii, sbuffi e manate sulla fronte, oltre che un paio di sbadigli provenienti dal cantuccio dal quale Maria vegliava, la penna fu finalmente avvolta da un bagliore violetto, non così forte da farsi accecante ma sufficiente a nascondere l’oggetto dalla vista delle ragazze per qualche secondo. Appena sparito, la palla sbuffante – no, volevo dire Annalucia – si lanciò famelica sul prodotto dei suoi sforzi, prima ancora che l’amica si fosse riscossa dallo stupore per la riuscita dell’esperimento, e infine esultò:
-Evvai! Stavolta è venuto meglio! Guarda!
-Cavolo, scotta!
-Lo so, succede sempre dopo gli incantesimi! Poi si raffredda.
-Ma questa crosta intorno cos’è? Puzza di fritto!
-Non ne ho idea, è la prima volta che mi esce così.
Nonostante la sua breve apparizione sulle scene, certamente il pubblico avrà compreso buona parte della natura di Maria: quella cioè di una tipa schietta, poco avvezza alle formalità, ma soprattutto un po’ istintiva. Dato questo per scontato, il lettore non si stupirà nello scoprire che l’incauta giovinetta, allettata dalla soave fragranza di crocché emessa dalla sua vecchia bic blu, pensò bene di verificare la natura dell’incantesimo addentando la crosta superficiale dell’oggetto trasfigurato, suscitando così le proteste dell’altra:
-Marì, ma sei scema?! Ti stai mangiando la penna?!
-Nooo, è solo l’impanatura da fuori!
-L’impanatura? Quella crosta sopra? Ma che dici?!
-Guarda che è ottima! Fritta a puntino!
-Oddio, tu sei pazza!
Inutile aggiungere che ci volle del bello e del buono per convincere l’affranta Annalucia che aveva il potere di friggere gli oggetti con la mente, che quella che lei chiamava erroneamente crosta, altro non era che una deliziosa impanatura – si, avete capito bene, farina, uovo e pangrattato, proprio così – e che doveva pure considerarla una vittoria, perché quella era la prima volta che riusciva rendere un pochino più elaborate le sue fritture mentali.
Ma Annalucia ancora si disperava:
-Ti rendi conto che ho il potere magico più fesso del mondo?
-Si, però l’impanatura era impeccabile, eh.
-Ma che me ne frega?
-Come sarebbe? Hai imparato a fare delle fritture straordinarie senza nemmeno sforzarti e ti lamenti?!
-Secondo te potrei friggere anche le persone?
-Si, vabbè, mo’ non ti allargare. E poi a che servirebbe? Vuoi finire in galera per frittura premeditata?
-Marì, ti odio.
Quella notte la nostra eroina ebbe qualche difficoltà a prendere sonno. D’accordo, aveva scoperto che tipo di poteri aveva, ma visti i risultati sarebbe stato meglio rimanere nell’ignoranza. Non poteva avere il dono dell’invisibilità? O semplicemente la telecinesi, tanto per rimanere sul banale? A che diavolo poteva servirle mai quella capacità se non a preparare degli ottimi supplì? D’un tratto si chiese se esistessero altre sventurate come lei, detentrici di poteri tanto beffardi, e ovviamente a quell’interrogativo ne seguì un altro comunque problematico, tutto centrato sulla possibilità di rintracciare gli eventuali compagni per scambiare con loro consigli ed informazioni, oltre che le inevitabili, rituali lamentele.
Prima che le lenzuola di Annalucia toccassero il punto massimo d’attorcigliamento intorno alle caviglie, quello cioè superato il quale il suo corpo supino avrebbe assunto le fattezze di una soppressata ben avvolta dal suo spago, la ragazza ebbe l’illuminazione che attendeva da tutta la notte. Sgrovigliatasi dalla stretta delle coperte, si alzò dal letto e accese il portatile poggiato sulla scrivania, proprio di fianco al vuoto lasciato dall’elefante fritto che aveva gettato qualche giorno prima. Tentando di ignorare lo spiacevole ricordo, la ragazza sedette di fronte al computer avviato e aprì la sua pagina Lifeact per dare inizio ad una lunga serie di ricerche che l’avrebbe tenuta impegnata fin quasi al mattino.
Perché, voi capirete bene, non è semplice discernere tra maghi aspiranti e maghi reali in quell’enorme circo di acrobati e saltimbanchi che è il social network per eccellenza, così la sonnolenta Annalucia dovette attraversare lunghi sentieri di pagine dedicate al fantasy e guadare più di una palude di fanatici dell’esoterismo, prima di approdare a qualcosa di vagamente attinente con quel che cercava in realtà. Tanto per fare un esempio, tra i primi dieci risultati presi in esame compariva la pagina Fantasycando, ritrovo telematico dei seguaci delle saghe fantasy più famose, poi un gruppo dal nome MagicGirls, che subito provocò un guizzo di speranza nella sempre più stanca eroina prima che questa si rendesse conto che si trattava di una community di appassionate di Sex&Vampires, com’era facile intuire anche dalle miriadi di foto ritraenti delle procaci ragazzine nell’atto di leccare gli addominali photoshoppati della star della serie, Anthony Glenn.
Fu poi costretta a scartare un paio di pagine di sostenitori del culto di Satana, tutte ben rimpinzate a dovere di scatti di volti tenebrosi, imbrattati di eye-liner e adeguatamente sporcati qua e là di sangue – leggasi ketchup – e il gruppo Fate & Fiori, circolo di donzelle amanti della natura e degli abiti succinti, per non dire della totale nudità; la quale era in ogni caso giustificata dalla ricerca della comunione con la madre terra e del contatto mistico con gli spiriti degli alberi. Annalucia stava per chiudere la pagina e tornare tra i cuscini quando notò finalmente un gruppo dal nome promettente, la Congrega dei Poteri Inutili: ovviamente l’accesso le era negato, motivo per cui non poté fare altro che inviare una richiesta di iscrizione, convinta di dover attendere il mattino seguente per ottenere risposta, e dunque di poter cedere alle lusinghe del sonno, ma poiché in molti autori si cela una certa vena di sadismo, faremo sì che la povera giovane non possa tornarsene a dormire beatamente, eh no.
Stabiliamo infatti che il più nottambulo dei soci della Congrega fosse ancora sveglio e per di più connesso a Lifeact – a fare cosa non si sa – pronto a replicare alla richiesta della futura socia con una domanda più che legittima, inviata tramite posta privata: chi sei?
Per farla breve, le palpebre stressate della giovane furono obbligate a dei doppi turni del tutto immeritati, mentre la loro proprietaria spiegava per sommi capi il motivo della richiesta al socio insonne, un certo Mirko. E che dire, ci volle il tempo che ci volle, considerate anche tutte le iniziali riserve di Annalucia, timorosa di svelare il suo segreto ad uno sconosciuto – non sia mai che qualcuno la scambiasse per una squilibrata. Lasciamo dunque che la ragazza concluda con successo la sua avventura virtuale con l’ingresso nella Congrega e possa così spegnere pc e cervello – non necessariamente in quest’ordine – per gettarsi sul letto disfatto.
Il giorno seguente, recuperate un po’ di energie, la nostra protagonista riuscì a ritagliarsi qualche minuto di tempo per esaminare con maggiore lucidità la Congrega a cui si era appena iscritta. In realtà, l’operazione non le sarebbe costata più di una manciata di minuti, dato che, come ebbe modo di scoprire ben presto, del gruppo facevano parte solo altre quattro persone: Mirko, quello che abbiamo già ribattezzato il socio insonne, e che inoltre rappresentava l’unico elemento maschile nell’altrimenti gineceo della Congrega, Marika e Jessika, compagne inseparabili, spesso note con lo pseudonimo di Ka², spiegabile con l’analoga sillaba conclusiva dei loro nomi, e per finire Sara, un po’ in disparte data l’impossibilità di soprannominarsi Saraka, o Saka, o qualsiasi altra cosa terminante in Ka, e quindi trasformare il Ka² in un Ka3.
Per una strana coincidenza, tutti e tre i congregati vivevano nelle vicinanze: Mirko leggermente fuorimano, in un paesino a 20 km da lì, le gemelle Ka alla periferia di Campanile, cioè la stessa amena cittadina di provincia in cui viveva Annalucia, e Sara addirittura a qualche via di distanza. Grazie alla ben nota discrezione degli strumenti telematici, il resto dei dati anagrafici e biografici dei nuovi compagni non sembrava difficile da reperire, così, nella stessa manciata di minuti, la ragazza riuscì a scoprire che Sara aveva un paio di anni meno di lei, che studiava al Liceo Classico di Pastrano, perché il suddetto Istituto a Campanile mancava, e che adorava i gatti, i ghiaccioli alla menta e la musica country.
Di Mirko seppe che aveva vent’anni, che studiava Giurisprudenza all’università e che suonava la batteria in una tribute band di Rory, al secolo Riccardo Cannavacciuolo, cantante neomelodico della zona; sarebbe poi superfluo insistere su quanto i profili di Jessika e Marika fossero simili, per cui ci limiteremo a ricordare che entrambe stravedevano per Omar Torrisi, il giovane e aitante ballerino del reality di successo Sballati – Il sogno, tant’è che le rispettive pagine Lifeact, più che memoriali delle attività, pensieri e predilezioni delle due padrone, altro non erano che due sontuosi altari eretti alla bellezza dell’idolo di tutte le adolescenti, e dunque abbondantemente tappezzati di icone votive.
Tutto questo era senza dubbio molto interessante, ma era chiaro che la curiosità di Annalucia puntava verso altri lidi; per essere più specifici, verso l’opportunità di farsi un’idea su quali fossero i poteri inutili capitati in sorte agli altri congregati, dal momento che sulla pagina del gruppo c’erano ben poche tracce; anche Mirko si era mantenuto vago, la notte prima, limitandosi a suggerire un incontro per il pomeriggio successivo da tenersi nella piazzetta di Campanile, sicché alla neo-socia sarebbe bastato attendere ancora qualche ora per soddisfare il suo interesse, ma si sa, alle tentazioni non è facile resistere, e in quanto a tentazioni, Lifeact è un vero paradiso per gli impiccioni.
Le ore trascorsero con relativa lentezza prima che Annalucia potesse prepararsi all’incontro con un anticipo che fosse sostenuto ma non eccessivo, tuttavia fu comunque motivata ad uscire di casa dal desiderio di sfuggire alle domande pressanti con cui la madre l’incalzava, Annalucì ma il gateau com’era, buono? Ma non avrò messo troppo salame? Secondo te era troppo salato?
Il consistente anticipo con cui Annalucia viaggiava non le impedì, al suo arrivo nella piazzetta del paese, di scorgere tre figure già acquattate sull’unica panchina ancora dotata di sedile; tre sagome che non ebbe alcuna difficoltà a riconoscere, avendone dissezionato i profili Lifeact fino a qualche attimo prima. I casi erano due: o il nuovo ingresso aveva incuriosito i veterani della Congrega tanto da farli muovere ben prima dell’orario previsto, o anche loro condividevano l’appartamento con una genitrice e cuoca incredibilmente ansiosa. La ragazza di avvicinò trepidante alle altre tre, salutando prima Sara, per forza di cose un po’ distaccata dalle siamesi lì accanto, poi le Ka², solo per l’occasione discioltesi dal perenne abbraccio nel quale coabitavano. Sara era per certi versi la controparte bionda di Annalucia, difatti era ugualmente burrosa nelle forme, strizzata con simile difficoltà in un jeans chiaro e solo lievemente più disciplinata nella capigliatura; accanto a lei, quegli stambecchi di Marika e Jessika gareggiavano a quale delle due fosse più simile all’altra, persistendo in un testa a testa che confondeva non poco la nuova arrivata: fisico spigoloso, pettinature sacrificate alle lame del rasoio e un variegato assortimento di abiti colorati. In tutto ciò era pure arrivato Mirko, un tipo bassino e stempiato, un po’ trafelato per la corsa tanto da tralasciare le presentazioni d’obbligo per suggerire di spostarsi altrove, anzi, se loro non avevano nulla in contrario, proprio nel garage vuoto di un suo amico che gli aveva lasciato le chiavi, o forse era una cantina, non so, non ho capito bene, sta di fatto che il gruppetto espresse l’assenso unanime, così fu proprio lì che Mirko li guidò.
-Ecco, io…friggo gli oggetti. Con la mente, eh. Senza toccarli.
Invitata a condividere il suo segreto con la Congrega, Annalucia aveva bisbigliato la cagione della sua presenza lì con il tono di voce più basso che le era riuscito di trovare, come se ad alleviare il senso di vergogna fossero i sussurri smozzicati e le orecchie tese dei soci; tutte tranne quelle di Mirko, che naturalmente già sapeva.
-Beh, se ti può consolare, io faccio crescere i peli.
Questa era Sara, benedetta ragazza.
-Uau! Sembra bello! Funziona pure con i capelli?
-Seeeh, magari! Una volta ci ho provato con i miei, sai, li avevo corti e non mi piacevano, ma niente!
-Però sembra un potere più utile del mio, dai.
-E perché mai? Tu almeno puoi usarlo in cucina, io che ci faccio? Potevo risolvere il problema della calvizie, e invece no, solo peli. Nessuno vuole più peli di quelli che ha, nemmeno gli uomini, tanto mo’ va di moda la depilazione totale pure per i maschi! Vedi che sfiga!
Annalucia annuì comprensiva, poi si voltò verso Mirko, ben intenzionata a lasciare per ultime le due inseparabili ochette:
-E tu? Che potere hai?
Mirko fece una smorfia.
-Trasformo la colla in gomma da masticare.
La sua interlocutrice ora era seriamente perplessa, e come biasimarla?
-Ah. Particolare…
-Si, particolare è proprio la parola giusta.
-E le gomme sono commestibili?
-Che domande, certo che si, se no che cavolo di gomme erano? L’unica stranezza è che prendono la forma del tubetto di colla, per cui per mangiarle devi girare la rotellina dello stick e poi mordere. Guarda, ti faccio vedere.
Tirato fuori dalla tasca un tubetto di plastica giallo, Mirko strappò via il tappo e manovrò la rotella fin quando dall’estremità non spuntò una porzione consistente di gomma da masticare rosa, a cui diede un morso per dimostrare che si trattava per l’appunto di chewingum e non di colla. Doveva averne addentato davvero parecchio, perché le guance gli si gonfiarono nel tentativo di contenere l’ondata di gomma, e continuò a masticare per un bel po’, producendo nel frattempo un fastidioso risucchio che non sembrava metterlo in imbarazzo.
-E voi? Cosa fate voi due?
Intelligentemente, Annalucia aveva intuito che oltre all’aspetto fisico, la capigliatura, i gusti nel vestire, i profili Lifeact e l’adorazione comune per il ballerino pompato, Marika e Jessika condividevano anche un potere magico; restava solo da scoprire quale delle due avrebbe aperto bocca per rivelarne la natura.
-Noi trasformiamo i vestiti!
Non ci crederete, ma avevano parlato in coro.
-E in che modo?
-Diventano leopardati! Però solo se ci concentriamo insieme, altrimenti si macchiano soltanto.
Resesi ben presto conto dell’impossibilità di portare avanti un’intera conversazione in coro, le Ka² ora si alternavano nelle risposte, spiegando l’una quel che l’altra faceva solo in tempo ad accennare prima che la gemella le strappasse le parole di bocca; il tutto avveniva con toni tanto similmente acuti e cantilenanti che la povera Annalucia faceva non poca fatica a capire quando fosse Marika a parlare e quando invece toccasse alla controparte.
-Abbiamo già trasformato metà del guardaroba! Se vedessi quant’è bello, tutto leopardato! Pure i calzini! Mia mamma è quasi impazzita, voleva sapere dove li avevo comprati!
-La prossima volta ti portiamo qualcosa di nostro! Anzi, no, ti trasformiamo quello che vuoi!
-Si, dai, facciamolo!
-Non stiamo dimenticando qualcosa?
Era Mirko, riemerso a fatica dalla dolce invasione gommata per ricordare a tutti i Congregati, compresa la neo-arrivata Annalucia, le necessità più urgenti del gruppo: proprio durante la precedente riunione, infatti, si era discusso dell’opportunità di stabilire un’ampia serie di regole, a partire dal numero e dalla durata degli incontri settimanali, agli argomenti di discussione da trattare, sino alla scelta di un nome più consono, possibilmente riducibile ad un acronimo di comoda pronuncia; tutte queste incombenze erano poi slittate alla riunione odierna, che ora minacciava di allungarsi spropositatamente a causa del nuovo ingresso e dell’entusiasmo ad esso legato.
Dopo interminabili trattative, quattro stick di gomma forniti da Mirko, uno scivolone di Sara che era inciampata nei suoi stessi lacci delle scarpe e qualche impazienza da parte delle gemelle, decise a tornare a casa con largo anticipo rispetto alla replica della puntata di Sballati, si decise finalmente di tenere una sola riunione settimanale, sempre pomeridiana ma suscettibile di spostamenti tra il lunedì e il venerdì, durante la quale discutere approfonditamente dei progressi magici di ogni socio, qualora ve ne fossero stati, oltre che di eventuali novità.
La scelta del nome fu certamente quella che li tenne occupati più a lungo. In realtà, come il lettore sarà certamente pronto a farci notare, il gruppo di amici possedeva già un nome, proprio grazie al quale Annalucia era riuscita a rintracciarli nello sconfinato mondo virtuale, ma il pragmatico Mirko aveva fatto notare che si trattava di un appellativo un po’ scontato, oltre che eccessivamente palese, e che proprio a causa di quella banale titolazione l’amministratore del gruppo, vale a dire lui stesso, si era visto recapitare una quantità enorme di richieste d’iscrizione solo nell’ultimo mese, per cui gli era toccato indagare con ognuno degli stramaledetti richiedenti per capire se fossero o meno adatti alla Congrega. Insomma, bisognava trovare qualcosa che desse meno nell’occhio e che al tempo stesso consentisse a tutti loro di continuare a fregiarsi del titolo di Congregati, denominazione a cui erano affezionati nonostante l’altisonanza: l’ideale sarebbe stato un acronimo.
Marika, quel giorno incredibilmente individualista, senza nemmeno consultare Jessika aveva subito proposto Congrega Italiana Soci dai Poteri Anomali, che non solo rimaneva piuttosto fedele al titolo precedente, ma lasciava miracolosamente intatta la carica di Congregati, senonché il solito Mirko aveva replicato che l’acronimo risultante era C.I.S.P.A.: conseguenza della pungente osservazione fu non solo il giudizio non molto benevolo degli altri soci nei suoi confronti, ma anche l’ennesimo, estenuante dibattito, durante il quale il ragazzo si sforzò di far comprendere alla riluttante Jessika che la cispa altro non era una secrezione dei bulbi oculari, si insomma, quella roba che la mattina poteva trovare appiccicata agli angoli degli occhi. Persuadere la metà scettica delle Ka² che la cispa non era quella pietrina che avevano tolto dalla vescica di sua zia fu comunque una grossa perdita di tempo, perché in entrambi i casi non è che si trattasse di significati amabili; quando tuttavia i due litiganti ebbero raggiunto quest’amara consapevolezza era così tardi che agli altri soci non fregava più un accidente di avere un nome tanto schifoso, e in virtù di ciò imposero quello proposto da Marika.
E fu proprio su questa risoluzione brusca e certamente poco poetica che si chiuse la prima riunione della Congrega a cui Annalucia avesse mai preso parte.
-Cinque anni dopo-
-Un caffè macchiato e…tu cosa prendi?
-Una zeppola vuota, grazie.
La smorfia di Annalucia fu così eloquente che subito Sara si sentì in dovere di spiegare:
-Hai ragione, scusa, è solo che non ho mangiato nulla a pranzo…
-No, non ti preoccupare, ormai mi sono abituata.
Di tempo ne era trascorso da quando le due ragazze, ormai non più tali, si erano incontrate per la prima volta nella piazzetta di Campanile, si erano conosciute grazie alla condivisa appartenenza Congrega ed erano infine diventate amiche, se non proprio in maniera simbiotica e demenziale come le care, vecchie Ka², almeno con un’essenziale sincerità, quella che in fin dei conti aveva permesso loro di tenersi in contatto sporadico nei cinque anni trascorsi dalla famosa riunione. Incontratesi per caso all’inaugurazione di un centro commerciale a Furnone, Sara e Annalucia si erano subito riconosciute ed abbracciate; dopo l’abbraccio era scattato il famoso caffè d’ordinanza, quello a cui solitamente segue l’inevitabile procrastinazione, nonostante l’iniziale assenso di ambo le parti: in questo caso, proprio in virtù della già citata sincerità del legame tra le due donne, il caffè venne invece stranamente concretizzato, e fu così che Annalucia prese ad informarsi sulle sorti dell’amica e degli altri Congregati, che aveva perso di vista da un po’.
-Allora, come ti vanno le cose?
-Bene, direi. Sto lavorando, per fortuna. Un paio d’anni fa mi ero anche iscritta all’università, ma non combinavo nulla, non ci capivo niente, così alla fine ho mollato ed eccomi qui.
-E che lavoro fai?
-L’estetista. Lavoro da SunSkin, il centro a via Velletri, hai presente? Certo, il massimo sarebbe mettermi in proprio, ci stavo pensando ultimamente. Forse tra qualche anno, chissà.
-Ah, carino. Il tuo potere, invece? Ci sono novità?
-Ma non hai capito?
No, in effetti Annalucia non aveva capito.
-Lo sai che io faccio crescere i peli, no? All’inizio non sapevo come sfruttare questa cosa, per cui cercavo lavoretti a caso e mi adattavo. Ero convinta di essere la più sfortunata della congrega, in fondo voi qualcosa siete riusciti a combinare…Alla fine, ho avuto un’idea geniale. Sono riuscita a farmi assumere come estetista, ovviamente al reparto cerette. Strappo i peli delle clienti e poi li faccio ricrescere. Non subito, eh, se no quelle cretine sono convinte che io non glieli ho tolti bene, per carità. No, no, aspetto una settimana, più o meno, e glieli faccio ricrescere.
-E come fai? Le fai tornare con una scusa?
-All’inizio ci riuscivo solo con quelle che incontravo per strada o che magari capitavano nei pressi del negozio, ma era un casino, ci voleva un sacco di tempo. Poi ho affinato i miei poteri e ho imparato a farlo a distanza, su tutte le clienti, ovunque siano. Quando le ho viste per più di una volta l’incantesimo riesce meglio, però. La padrona del centro ha notato che da quando mi ha assunta le clienti vengono più spesso ed è convinta che sia per la mia bravura. Praticamente mi adora! Le gemelline invece si sono separate, da quel che ho saputo.
Sara non era nel torto: solo un paio di anni prima, le Ka² avevano avuto un diverbio piuttosto acceso dovuto alla neonata simpatia di Marika per Gianni Scelba, altro concorrente di Sballati per giunta reo d’aver strappato la vittoria al bellissimo Omar, e in seguito al litigio si erano allontanate, smembrando così quel che rimaneva del loro potere.
Mirko era stato di sicuro il più furbo: aveva abbandonato gli studi di Giurisprudenza per mettere su un’attività stramba ma redditizia, un piccolo negozio dedicato esclusivamente al chewingum – prontamente ribattezzato Gommeria – sui cui scaffali si potevano trovare gomme al caramello, al ribes, al cioccolato e cannella e persino alla panna cotta. La vastità dei gusti offerti aveva subito fatto da richiamo; la peculiarità dell’imballaggio, che era rimasto quello tipico dei tubetti di colla, gli aveva infine garantito il pieno successo.
Rimaneva infine Annalucia. Sara già sapeva del suo impiego, essendo passata spesso da Fritti in Fretta, la friggitoria che l’amica aveva aperto in centro solo un anno prima e che già minacciava di strappare tutti i clienti alle altre. E a dire il vero, oltre ad osservare le vetrine straripanti del negozio, Sara aveva anche più e più volte assaggiato le squisitezze che l’altra si ostinava ad offrirle e che lei in realtà accettava felicemente, come le ricordava ogni giorno il malefico ago della bilancia. Avrebbe però voluto capire come si era convinta l’amica a sfruttare quel potere tanto odiato, e se infine ne fosse soddisfatta, vista anche la riluttanza con cui ne parlava di solito; stava quindi per interrogarla a fondo sulla questione quando il cameriere, finalmente giunto con caffè e zeppola, posò il tutto sul tavolino e salutò l’amica con tono confidenziale:
-Ueeee, Annalucì, tutto bene?! Come stai?! Sono venuto al tuo negozio ieri, mamma mia, che folla! Roba da non credere! Ma è tutto meritato, eh – si affrettò a rassicurarla, quasi avesse dubitato dell’onestà dei suoi guadagni – fritture buone come le tue non le avevo mai mangiate! Altro che Fritti in Fretta, il locale lo dovevi chiamare, tipo, non so…ah, ecco, una cosa come “Magiche Fritture!”
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