Alcuni ponti vanno attraversati da soli, chiunque sia stato a spingerti oltre il limite.
Titolo: Il Risveglio
Serie: La confraternita del Pugnale Nero #1
Autore: J.R. Ward
Editore: Rizzoli
Pagine: 443
Prezzo: Copertina rigida 16,00 € – brossura 10,00€ – ebook 6,99€
Reperibilità: Online, libreria e tramite Mondolibri con copertina e titolo sconci
Beth Randall è una giovane cronista di nera in un giornale di provincia, a Caldwell NY. Abituata ad aggirarsi tra colleghi giornalisti, poliziotti e delinquenti che non le staccano gli occhi di dosso, ha imparato a tenerli a bada. Quando uno sconosciuto entra nel suo appartamento forzando con naturalezza la porta, Beth dovrebbe urlare e tentare la fuga. Invece è travolta e si abbandona a un desiderio che non ha mai provato prima. Il terrore viene dopo, quando Wrath le parla di Darius, il padre che Beth non ha mai conosciuto, e che gli ha affidato il compito di assisterla e proteggerla. Perché Darius e Wrath appartengono a una stirpe di vampiri da secoli in lotta per la sopravvivenza. E Beth sta per entrare in un mondo nero come la notte e rosso di sangue, sta per andare incontro alla trasformazione di tutto il suo essere.
Regà, dopo una trama web così becera e scadente, io non so come riuscirò ad essere credibile nel dirvi che questa saga mi piace tantissimo. Non sto scherzando.
Rivoleva la sua patetica, noiosa vita.
Non era ridicolo, visto e considerato che solo pochi giorni prima aveva pensato che lasciarsela alle spalle fosse l’unico modo per salvarsi?
Per scrivere il mio primo romanzo, ho passato una fase di documentazione intensiva su vari argomenti, tra cui le creature soprannaturali e il modo in cui sono state interpretate e rappresentate nella letteratura. La figura del vampiro, ovviamente, era quella più diffusa.
Il casino che c’era nella mia testa
Dopo essermi anche un po’ appassionata all’argomento, insieme ad un percorso bibliografico sul vampiro nei tempi antichi, ho affiancato una serie di letture più “recenti”, tra cui Dracula di Bram Stoker, Il Vampiro di Polidori, la bellissima serie de Cacciatori di Vampiri di Collen Gleason, i vampiri glitterati di Twilight, il minestrone di Sookie Stackhouse, Black Moon con il bellissimo personaggio di Riley Jensen, la serie de La cacciatrice della Notte con i suoi vari spin-off, il promettente Pactum Vampiri di Barbara Riboni, i balordi Carpaziani di Christine Fehann (Recensione QUI), il tremendo Ciclo del potere e del sangue di Nancy Kilpatrick e il geniale VampIRUS di Scott Westerfield.
Diciamo quindi che qualche libro sui vampiri l’ho letto, ma La Confraternita del Pugnale Nero, li batte tutti.
Se riuscirete a mettere da parte lo scetticismo, i pregiudizi di genere e la comprensibile nausea che ormai viene a molti sentendo la parola “Vampiro” e lascerete invece uscire fuori il vostro lato più tamarro, appassionato di inciuci e sempre alla ricerca di feels che vi prendono il cuore per giocarci a palla, proverò a spiegarvi i motivi.
La saga de La confraternita del Pugnale Nero è attualmente composta da 13 romanzi e l’autrice non accenna a voler ancora concludere (per fortuna, per quel che mi riguarda), ogni romanzo prosegue nella narrazione e al tempo stesso racconta la storia di una coppia diversa, in questo primo libro si parla in particolare di Wrath e Beth, nel secondo si parlerà di Rhage e Mary; inoltre, esiste anche La Guida Definitiva alla Confraternita del Pugnale Nero, un romanzo con varie storie e approfondimenti, e da poco è uscito anche uno Spin-off, Blood Kiss.
Io ho letto tutti e 13 i romanzi di questa saga, e ho iniziato adesso una rilettura per poterli recensire. Pertanto, io so cosa succederà e ho una visione più ampia di quella che si può intravedere solo dal primo romanzo.
Il mio obiettivo, è convincervi che questa saga merita una possibilità, quindi, cercherò di nascondere tutti i possibili spoiler, ma alcuni concetti base, che magari vengono spiegati a pezzi in 6 libri, dovrò esporveli per intero, affinché voi possiate farvi un’idea quanto più completa non solo del romanzo, ma soprattutto della saga.
Se dopo questa recensione non riuscirete a prendermi più sul serio, prometto che farò le valigie e scapperò in Cambogia, portandomi dietro tutti i libri della Confraternita.
Forza, sbrigatevi, sapevo che non avrebbe funzionato!
Penso sia il caso di fare subito qualche premessa. Questa serie non parla solo di vampiri. Ci sono contenuti erotici, violenti e scurrili; non per forza tutti insieme o in quest’ordine.
Non è una saga prettamente allegra, gli argomenti trattati sono spesso seri e drammatici, affrontati in modo altrettanto serio. Si parla di stupro, sia maschile che femminile, e dei traumi che ne conseguono, violenza domestica, suicidio, autolesionismo, handicap fisici, morte di persone care, torture, menomazioni, gravidanze a rischio, dipendenze, malattie gravi o mortali.
In fin dei conti, dove stava il divertimento se potevi evitare senza difficoltà la bomba a mano che avevi dentro di te?
Nonostante gli argomenti non sempre leggeri, ci sono due componenti fondamentali che rendono questa saga estremamente piacevole da leggere: la tamarraggine e il concetto di famiglia.
Con tamarraggine, io intendo l’esagerazione della forma, che tuttavia, in questo caso, lascia completamente fuori la qualità (altissima) del contenuto.
Alcune scene sono raccontate in modo esagerato, e nella sezione Stile vi spiegherò anche perché, nello specifico.
Per adesso, vi faccio qualche esempio:
Non vi mentirò: la razza dei vampiri, per poter essere così forte e letale, ha conservato molti istinti primordiali che, per un essere umano moderno, possono essere definiti animaleschi.
Detto in parole semplici: c’è molto sesso, senza censure o abbellimenti. Tuttavia, la quantità di scene spinte è sempre ben proporzionata alla trama, non si ha mai la sensazione che “ci sia solo sesso”. Si esplora ogni tipo di pratica sessuale, per ogni orientamento. Ed è sempre tutto nudo e crudo come si suol dire, o meglio, al sangue.
Per questo motivo, questa serie è chiaramente indirizzata ad un pubblico adulto, ma che soprattutto non si scandalizzi facilmente.
Non riusciva a fermarsi.
Le labbra si ritrassero scoprendo i denti, mentre i muscoli si gonfiavano e i fianchi si dimenavano. Madido di sudore, in preda al capogiro, immemore e senza fiato, prese tutto quello che lei aveva da offrirgli. Lo prese tutto, ma ne voleva ancora e ancora. Divenne un animale, al pari di lei, finché entrambi si tramutarono in due creature selvagge.
Si, lo so che a prima occhiata sembra una cosa squallida, al pari di tanti romanzetti porno o harmony. Ma fidatevi di me, senza queste scene, la saga non potrebbe reggere, perché spesso sono gli unici momenti che il lettore ha per evadere mentalmente dalla serietà della situazione e delle vicende, allo stesso modo dei protagonisti.
Un suono soffocato risuonò nella stanza e crebbe, sempre più forte, finché Wrath si rese conto che il ringhio veniva da lui. Un fuoco rovente gli infiammava la pelle. Le sue narici registrarono l’oscura fragranza del possesso.
Inoltre, non sono mai scene messe a caso o banali, non sono come in certi romanzi che, saltandole, sapreste di non esservi persi nulla; sono costruite nel dettaglio, e aiutano a caratterizzare ancora di più i personaggi e le dinamiche tra loro. So che farete fatica a crederci, ma sono utili.
«Stai bene?»
Quella preoccupazione nella sua voce fu ciò che lo fece capitolare.
Con un soprassalto mostruoso, il suo corpo si sottrasse al dominio della sua mente. Prima di riuscire a pensare, prima di riuscire a fermarsi, Wrath si puntellò sulle braccia e la penetrò più e più volte, avanti e indietro, implacabile. La testata del letto sbatteva contro il muro al ritmo delle sue vigorose spinte, e lei gli si aggrappò ai polsi, tesi dallo sforzo, nel tentativo di restare ferma.
Wrath fletté le braccia, i bicipiti si gonfiarono a dismisura e una spalla schioccò per la potenza dei muscoli.
I Fratelli sono degli strafighi, per tutti i gusti, c’è poco da fare. Sarei ipocrita se vi dicessi che l’autrice non punta anche agli ormoni del lettore, un po’ come succede in alcune serie tv; e penso che tutti i fan della saga abbiano un personaggio preferito anche sotto quell’aspetto; tuttavia, non è una parte fondamentale.
Tohrment si protese in avanti, le poderose spalle si contrassero sotto il cuoio nero del giubbotto.
Anche il modo di descrivere è spesso esagerato, ma anche qui, aiuta ad alleggerire e far fare un sorriso o una risata al lettore. Io spesso ridevo o scuotevo la testa pensando a quanto la Ward a volte riuscisse ad essere tamarra.
Davanti a lui comparve Rhage. Indossava un lungo impermeabile nero sopra i calzoni di pelle e il contrasto con la sua bellezza bionda faceva colpo. Era risaputo che, con l’altro sesso, il vampiro approfittava senza il minimo scrupolo della propria avvenenza e che dopo una notte di battaglia il suo modo preferito per scaricare la tensione era stare in compagnia di una femmina. O anche due.
Se il sesso fosse stato cibo, Rhage sarebbe stato patologicamente obeso.
«Non avrei mai pensato di fare una cosa del genere.»
«La vita è piena di sorprese meravigliose, non trovi?»
Con concetto di famiglia, intendo la capacità della Ward di creare dei personaggi così reali e umani, di farceli conoscere così a fondo al punto che, ogni volta che il lettore apre un libro della Confraternita, si sente a casa. Io nella rilettura di questo romanzo ho pianto quando è comparso Fritz per la prima volta, come se avessi incontrato, dopo tanto tempo, qualcuno che mi mancava tantissimo senza saperlo. Ed io non sono una che si commuove per tutto, soprattutto nei libri, per portarmi a questi livelli ci vuole un lavoro dietro da non sottovalutare.
Inoltre, nelle storie di tutti i personaggi ci sono due messaggi ricorrenti che contribuiscono ad alimentare questo concetto:
-Siamo noi a scegliere la nostra vera famiglia e il posto a cui appartenere.
-Anche chi è stato solo per gran parte della sua vita, anche il più storto, deviato e scottato dalle esperienze, può sempre trovare la sua strada e il suo porto sicuro, se desidera davvero salvarsi.
«Come può la vita significare così poco per te?» si chiese ad alta voce.
Il sorriso che lui le rivolse era gelido. «Come può la morte significare così tanto per te?»
La creazione della razza dei vampiri ha una storia, esattamente come tutte le nostre religioni. Ci viene narrata pezzo dopo pezzo nei vari romanzi, ed io la trovo magnifica sotto vari punti di vista, ma per adesso vi racconto la storia base:
«Tanto per essere chiari, io non mi fido di te.»
Lui annuì. «Perché dovresti?»
Dal momento della nascita, fino ai 25 anni, i vampiri hanno una costituzione gracile e nessuna abilità. Il momento della Transizione è molto doloroso e modifica in maniera sostanziale il corpo, rendendolo più alto e forte, si manifestano poteri e abilità se previsti e in alcuni casi può migliorare o peggiorare un handicap o un difetto alla nascita.
Come ho già detto in precedenza, la razza dei vampiri ha conservato alcune caratteristiche animali per essere così letali. Sono impulsivi, ringhiano e soffiano, hanno un istinto di protezione molto sviluppato nei confronti della propria specie e in particolare verso il partner e i figli.
Della figura classica del vampiro hanno preso l’immunità all’invecchiamento, l’impossibilità di vivere alla luce del sole e la necessità di bere sangue, accompagnato da una normale alimentazione, inoltre il sangue deve essere quello del sesso opposto della loro stessa specie. Questo permette alla loro razza di sopravvivere in un mondo tutto loro, senza dover entrare per forza in contatto con gli umani. Il sale impedisce loro di guarire, fa rimanere delle cicatrici o delle vere e proprie menomazioni.
Essendo una razza molto promiscua, la cosa viene bilanciata dalla quasi totale sterilità. Una femmina di vampiro può rimanere incinta solo ogni 10 anni e per un periodo limitato, inoltre, le gravidanze spesso non vanno a buon fine e si concludono con la morte di madre e figlio, l’impossibilità di poter ricevere trasfusioni aumenta ancora di più la possibilità del decesso. Per loro la gravidanza è un momento di gioia e dolore in egual misura.
Hanno anche delle caratteristiche soprannaturali:
Il dolore di Darius si levò tutto intorno a lui, l’odore acre di un’antica sofferenza sovrastò il tanfo di sudore umano, alcol e sesso del locale.
L’angoscia di Darius lo travolse come un’enorme ondata e Wrath vacillò sotto la violenza di quell’emozione. Strinse con forza la spalla dell’altro vampiro.
Mentre guadagnava l’uscita, cancellò il proprio ricordo dalla corteccia cerebrale di tutti gli umani presenti nel locale. I più forti avrebbero creduto di averlo sognato, i più deboli lo avrebbero completamente dimenticato. […] Se però entravano in ballo le emozioni e il rapporto si prolungava nel tempo, diventava difficile fare un buon lavoro di ripulitura del cervello. Le cose restavano sospese, riemergevano anche a distanza di tempo, mettevano nei guai.
Al pari di ogni altro vampiro degno di questo nome era in grado di smaterializzarsi a suo piacimento e di coprire enormi distanze, ma quello era un trucchetto difficile da mettere in atto se si doveva portare con sé qualcosa di pesante.
È un’abilità che imparano appena dopo la Trasformazione, che tuttavia è limitata a luoghi privi di pareti o porte in acciaio.
«Non hai nient’altro da mettere sotto i denti?» indagò Tohr.
Beth si alzò in piedi. In effetti aveva anche lei un certo languorino allo stomaco. «Vedo cosa riesco a trovare.»
«Hai la TV via cavo?» chiese Tohr indicando il televisore con un cenno del capo.
Lei gli lanciò il telecomando. «Certo. E, se ben ricordo, stasera alla TBS danno una maratona di film su Godzilla.»
«Forte» esclamò il vampiro allungando le gambe. «Io faccio sempre il tifo per i mostri.»
Beth sorrise. «Anch’io.»
«Ci sono altri che combattono insieme a te, giusto?»
«I miei fratelli» confermò Wrath, bevendo un sorso di vino. «Non appena i vampiri capirono di essere sotto assedio, i maschi più forti e robusti vennero selezionati, addestrati a combattere e scatenati contro i lesser. Quei primi guerrieri furono poi fatti accoppiare per generazioni con le femmine più forti finché emerse una sottospecie distinta di vampiri. I più prestanti di questa classe vennero affiliati alla Confraternita del Pugnale Nero.»
La Confraternita è quanto di più simile ad un gruppo militare. Tutti i Fratelli sono addestrati nel combattimento e nell’uso di ogni tipo di arma. In questo primo romanzo sono ancora un gruppo disorganizzato, senza una guida, una sede o un programma di reclutamento e addestramento. Nel corso dei libri seguiremo tutti gli sviluppi che la riguardano.
Molto semplicemente, i numeri non giocavano a favore della razza. Non poteva ignorare il fatto che i vampiri non vivevano in eterno, che i membri della confraternita potevano morire sul campo e che in un attimo l’equilibrio vigente poteva capovolgersi a vantaggio dei nemici.
Anzi, quel capovolgimento si era già verificato. Sin da quando l’Omega aveva creato la Lessening Society, milioni e milioni di anni prima, la popolazione dei vampiri si era assottigliata al punto che adesso sopravviveva solo in poche enclave. La loro specie stava flirtando con l’estinzione.
La razza dei vampiri è governata da un Re, affiancato da un Consiglio che comprende i maggiori rappresentanti della Glymera, cioè l’aristocrazia. Se i Fratelli, avendo visto il mondo esterno, hanno una mente più aperta, gli aristocratici e i civili vivono tutta la loro esistenza tra loro in un clima di grande ristrettezza di vedute. Per esempio un vampiro viene giudicato in base alla famiglia, non ai suoi meriti; chiunque abbia una minima imperfezione diventa un disonore per la famiglia e per la società, viene emarginato ed escluso; le femmine hanno importanza soprattutto a livello di prestigio e immagine, quelle aristocratiche vengono cresciute e tenute sotto stretta sorveglianza, lontano dal mondo esterno, finché non si sposano e diventano proprietà del marito. Non ci sono leggi che tutelino davvero i diritti dell’individuo.
Riguardo questo, al di là dei futuri sviluppi, ho apprezzato il fatto che i vampiri, considerandosi superiori biologicamente agli esseri umani, abbiano sempre vissuto evitando ogni possibile contatto con loro. In questo modo, senza altri modelli di paragone, la loro società è rimasta invariata per anni e all’inizio del primo libro si ritrova al collasso, anche per via del numero di vampiri sempre più in calo.
Non appena l’essere umano riuscirà ad entrare in questo mondo estremamente chiuso, le cose inizieranno a cambiare.
Con un fruscio metallico cinque pugnali neri vennero sfoderati.
Beth indietreggiò in preda al panico, alzando le mani davanti a sé. Andò a sbattere contro il muro e stava per mettersi a urlare quando i cinque uomini si lasciarono cadere in ginocchio ai suoi piedi, in cerchio. In un unico movimento, quasi seguendo una coreografia prestabilita, piantarono i pugnali nel pavimento intorno a lei chinando il capo. Il tonfo sordo dell’acciaio che si conficcava nel legno suonò come una promessa solenne e, insieme, un grido di battaglia.
I manici dei coltelli vibravano.
Il rap continuava a martellare.
I membri della confraternita sembravano in attesa di una qualche reazione da parte sua.
«Hmm. Grazie» disse Beth.
Gli uomini alzarono la testa. Scolpita nei duri lineamenti dei loro volti c’era una reverenza assoluta. Persino lo sfregiato aveva un’espressione di rispetto.
Wrath ricomparve con in mano una bottiglia di sciroppo Hershey al cioccolato.
«La pancetta è in arrivo» annunciò con un sorriso. «Ehi, gli piaci» disse, accennando ai suoi amici.
«Sia ringraziato il cielo» mormorò Beth, abbassando lo sguardo sui pugnali.
State ridendo di usanze religiose eh, volevo farvelo notare
Essendo una società molto antica, che si è affidata alla religione per molto tempo, i vampiri e in particolare i Fratelli hanno una serie di usanze bizzarre e, spesso, anche un po’ tamarre, ma ormai avrete capito che la tamarraggine fa parte dei Fratelli e della saga in generale.
Come diavolo… Ah, giusto. Erano crollati dopo essersi scolati fino all’ultima goccia la bottiglia di scotch di Tohr. Tohr. Abbreviazione di Tohrment. Gesù, sapeva anche i loro nomi. Rhage. Phury. E quel tizio terrificante, Zsadist. Già, niente nomi tipo Tom, Dick o Harry, per i vampiri. D’altra parte, un micidiale succhiasangue mica poteva chiamarsi Howard o Eugene, giusto?
Un’altra usanza diffusa è quello di dare nomi minacciosi ai maschi, in particolari ai Fratelli o ai Guerrieri, come se questo influenzi in qualche modo le sue abilità. Sì, è tamarra anche questa.
«Ma hai pensato a quello che le stai offrendo? Wrath è affettuoso più o meno come un fucile a canne mozze, e la prima volta può essere tosta anche se sei preparato. Cosa che lei non è.»
«Le parlerò io.»
«E come pensi di fare? Ti presenti da lei e dici: “Ehi, lo so che non mi hai mai visto, ma io sono il tuo papà. Oh, e indovina un po’? Hai vinto la lotteria dell’evoluzione: sei una vampira. Dai, andiamo a Disneyland!”»
«In questo preciso momento ti odio, sai?»
Darius, uno dei Fratelli, ha seguito a distanza per 25 anni la vita di sua figlia Beth, nata da una storia con un’umana, morta di parto. I mezzosangue, se hanno preso poco dalla razza dei vampiri, possono vivere una vita normale senza problemi; ma chi è in buona parte vampiro, è costretto ad affrontare la Transizione e le possibilità di farcela sono minime.
Sperava davvero che sua figlia venisse risparmiata. Perché se invece avesse subito la transizione, se ne fosse uscita viva trasformandosi in vampira, sarebbe stata braccata come tutti quanti loro.
L’unico tentativo che ha per salvarle la vita, nel caso si presentasse la Transizione, è chiedere a Wrath, l’erede al trono dei vampiri, di assisterla e farle bere il suo sangue che, essendo il più puro di tutti, è quello che le darebbe più possibilità di farcela.
In problema qual è?
Wrath non ne vuole sapere né di prendere il suo posto sul trono, ormai vuoto da anni; né di aiutarlo appioppandosi un tizia mezzosangue, quindi sfancula Darius. Che cosa gli farà cambiare idea?
No, non è la bellezza sfolgorante della mezzosangue.
[Darius] La bomba, fissata sotto il telaio dell’automobile e collegata all’impianto elettrico, esplose.
Mentre il suo corpo rimaneva incenerito in una deflagrazione al calor bianco, l’ultimo pensiero fu rivolto alla figlia che ancora doveva conoscerlo. E che adesso non avrebbe più potuto farlo.
Era così difficile scrivere una trama del genere, al posto di quell’orrore?
Se dovesse succedermi qualcosa…»
«Mi occuperò io di lei.»
Darius diede una pacca sulla spalla dell’amico. «Lo so.»
«Però Wrath è meglio» aggiunse Tohrment. Non c’era ombra di gelosia in quel commento, era una semplice constatazione.
«Nessuno è come lui.»
«Ringraziando il cielo» disse Tohrment con un mezzo sorriso.
La verità non era un bersaglio che poteva eliminare, e non era neppure il nemico di Beth, anche se la faceva soffrire. Era… così e basta.
Come vi ho già detto, fra tutti i libri della saga questo è quello che prende di meno, perché racchiude una quantità enorme di informazioni e di conseguenza la trama ne risente. Tuttavia, dà tantissimi presupposti e ci introduce all’elemento fondamentale di questa saga, i personaggi. Sono davvero tanti e nel corso della saga ne arrivano anche altri; per adesso vi parlerò di quelli che più compaiono in questo primo libro.
«Non ho intenzione di lasciar morire un altro dei miei figli, non se c’è almeno una possibilità di salvarla.»
Su Darius posso dire davvero poco senza rischiare di farvi spoiler. Posso dirvi che il suo percorso è davvero insolito sotto tutti i punti di vista, ed io non so spiegare quanto mi sia piaciuto e quanto mi abbia entusiasmato e commosso. La sua storia toccherà, nel corso dei libri, tempi lontani, destini incrociati e addirittura reincarnazioni. Sì, avete letto bene.
«Ecco cosa ti offro. Una nuova vita. Un incontro con tua figlia. La possibilità di combattere ancora una volta.»
«Vergine Scriba…» Darius si inginocchiò di nuovo. «Io accetto, ben sapendo di non meritare simili favori.»
«Non ti vincolerò a questa risposta. Ecco cosa dovrai sacrificare… non avrai ricordi consapevoli di tua figlia, non sarai come sei adesso. E, infine, esigo un pegno di facoltà.»
Darius non sapeva cosa fosse quell’ultima cosa, ma non poteva chiedere spiegazioni. «Accetto.»
Darius tornerà in vita reincarnandosi in John Matthew, un vampiro muto in pre-transizione, costretto a vivere per strada, in balìa della violenza e della povertà. Il destino lo condurrà ad essere preso sotto l’ala di Tohrment, il migliore amico di Darius, e anni dopo a sposare Xhex, che Darius ha salvato da neonata secoli prima. Capite perché dico che la sua storia è bellissima, assurda, complicata e ancora bellissima?
Wrath andò all’armadio e passò in rassegna i vestiti. Scelse una camicia nera a maniche lunghe, un paio di calzoni di pelle e… oh, Gesù, e quello cos’era? Oh, no, per carità, per niente al mondo sarebbe andato a combattere con quella roba addosso. Meglio rinunciare alla biancheria intima piuttosto che farsi beccare dal nemico in mutande di marca.
Wrath è il protagonista di questo romanzo. Specialmente all’inizio, è la classica persona che sta sulle balle a tutti. Arrogante, pieno di sé, scontroso e tremendamente orgoglioso. Tuttavia, in questo romanzo, la sua storia e l’abilità che ha la Ward di scavare nell’animo dei suoi personaggi, ci farà scoprire tutto ciò che c’è dietro e le sue fragilità, al punto che inizieremo ad apprezzarlo, come si fa con un gatto che soffia.
Wrath è facile da riconoscere, per via soprattutto degli occhiali scuri che non toglie mai. Vedendo poco sin dalla nascita, la transizione ha peggiorato ulteriormente la sua vista. Tuttavia, avendo sviluppato gli altri sensi riesce a combattere senza alcun problema, anzi, per via del suo voler continuamente dimostrare di riuscire a farcela da solo, è tra i più letali dei Fratelli.
Wrath, a causa di ciò che è successo ai suoi genitori, sente di non essere degno del trono, preferisce che esso rimanga vuoto e che la razza vada alla deriva.
Fritz trasalì come se lo avessero schiaffeggiato. Si piegò all’altezza della vita e, sempre chino, cominciò a indietreggiare verso la porta. «Voglia accettare le mie scuse, padrone. È stato grossolanamente sconveniente da parte mia rivolgermi a lei in questo modo.»
L’uscio si richiuse piano.
Wrath si appoggiò contro lo schienale del divano stringendo nel Pugno la forchetta di Darius.
Cristo. Quel maledetto doggen sarebbe stato capace di far perdere la pazienza a un santo. […] Fritz era al lavello intento a sfregare qualcosa. Lo guardò da sopra la spalla. «Padrone, non doveva disturbarsi.»
«Sì, invece.» Wrath posò il vassoio sul bancone e vi si appoggiò con le braccia.
Il maggiordomo chiuse il rubinetto. «Aveva bisogno di qualcosa?» Be’, tanto per cominciare gli sarebbe piaciuto non essere una così grande testa di cazzo.
Questa è uno dei tratti più distintivi di Wrath, che non cambierà mai. L’alternanza tra scatti incontrollati e successivi sensi di colpa, dà quel senso di incoerenza tipico dell’essere umano.
Chiuse gli occhi, rivedendo le macabre immagini che avevano ancora la capacità di strapparlo al sonno. «Trucidarono la servitù, poi uccisero i miei genitori. Io ho visto ogni cosa attraverso un foro nel legno. Come ti ho detto, a quei tempi i miei occhi funzionavano meglio.»
«Wrath…»
«Mentre succedeva tutto questo, il frastuono era tale che non mi sentirono gridare» proseguì lui, rabbrividendo. «Lottavo per liberarmi, spingevo come un pazzo, ma il chiavistello era solido e io ero debole. Grattavo il legno, l’ho graffiato fino a spezzarmi le unghie e a sanguinare. Scalciavo…» Il respiro si fece sempre più irregolare, la pelle si coprì di un velo di sudore freddo, il corpo reagiva al ricordo dell’orrore di ritrovarsi prigioniero in uno spazio tanto angusto. […]«Sono stato un vigliacco.»
«Niente affatto.» Spazientirsi era ingiusto, probabilmente, ma perché Wrath non riusciva a vedere il passato con maggiore lucidità? «Come fai a dire…»
«Ho smesso di gridare!» La sua voce riecheggiò per tutta la stanza, facendola sobbalzare.
«Come?» sussurrò Beth.
«Ho smesso di gridare. Quando i lesser hanno finito di massacrare i miei genitori e i doggen, io ho smesso di gridare. Loro hanno cercato dappertutto, hanno perlustrato in ogni stanza. Stavano cercando me. E io sono rimasto zitto. Mi sono tappato la bocca con la mano e ho pregato che non mi trovassero.»
«Ma è naturale» disse con dolcezza lei. «Tu volevi semplicemente vivere.»
«No» ribatté con forza lui. «Io avevo paura di morire.»
Wrath alla fine per sposare Beth salirà al trono, rivoluzionerà il mondo dei vampiri più volte fino a cambiare anche la forma di governo, e affronterà varie sfide personali come la perdita totale della vista e la scelta di avere o no un figlio.
Erano settimane, ormai, che si sentiva distrutta, e aveva il sospetto di essere sull’orlo della depressione. Il lavoro non stava andando da nessuna parte, abitava in una casa di cui non le importava niente, aveva pochissimi amici, nessun ragazzo e nemmeno l’ombra di una prospettiva romantica. Se guardava al futuro cercando di immaginare se stessa a distanza di una decina d’anni, bloccata lì a Caldwell con Dick e le sue «grandi firme» del giornalismo, vedeva sempre lo stesso trantran: alzarsi al mattino, andare al lavoro, cercare di dare una svolta alla propria vita, fallire, tornare a casa da sola.
Beth è la figlia di Darius, la protagonista femminile di questo romanzo. È una ragazza che è stata sola per gran parte della sua vita, e sente di non avere davvero un posto nel mondo. Ha un modo di pensare molto divertente e ha un carattere molto deciso e testardo. Proprio perché è stata sola e nessuno si è mai preso cura di lei, è spesso molto protettiva verso le persone a cui tiene. E questo fa parte di quei paradossi che trasudano umanità. La parte che riguarda lei e il padre mi ha emozionata molto.
Spoiler«Lui mi conosceva?»
«Oh, sì, signorina. Sin dall’inizio, e l’ha seguita per tutto il tempo. Asilo, scuola elementare, superiori» disse Fritz, incrociando il suo sguardo. «Eravamo così fieri di lei quando è stata ammessa all’università grazie a una borsa di studio accademica. Io ero presente alla sua laurea. Ho fatto delle foto per mostrarle a suo padre.»
«Lui mi conosceva.» Beth provò a pronunciare quelle parole ad alta voce, con la sensazione di parlare del genitore di qualcun altro.
Il maggiordomo si volse verso di lei e sorrise. «Abbiamo tutti gli articoli che ha pubblicato. Anche quelli che ha scritto alle scuole superiori e all’università. Quando ha cominciato a lavorare per il «Caldwell Courier Journal», suo padre si rifiutava di andare a dormire, al mattino, se prima non gli portavo il giornale. Per quanto dura fosse stata la nottata, non voleva riposare prima di avere letto i suoi pezzi. Era orgoglioso di lei.»
Beth frugò nella borsetta in cerca di un Kleenex.
«Tenga» disse il maggiordomo porgendole un pacchetto di fazzolettini di carta.
Lei si soffiò il naso il più delicatamente possibile.
«Shhh» fece lui, appoggiandole il mento in cima alla testa. Beth lo sentiva tremare.
«Non stai bene?»
«Ho bisogno di stringerti per un minuto. D’accordo?»
Se presi singolarmente non mi colpiscono più di tanto, ma insieme, Beth e Wrath funzionano tantissimo. La loro storia non inizia in modo romantico, ma recuperano molto successivamente, mostrandoci dei momenti divertenti, alternati ad altri di una tenerezza disarmante.
Fu allora che vide l’uomo. Era in piedi contro il muro nero del cortile, una sagoma scura molto più grossa delle altre familiari ombre proiettate dai bidoni della spazzatura e dal tavolo da picnic ricoperto di muschio. A Beth, te cambia la vita, fidati. Lo stile della Ward ci pemette di esplorare la mente e il punto di vista di ogni personaggio, in questo caso è interessante vedere anche quello di Wrath. Non sarebbe dovuto penetrare così in casa sua. L’aveva spaventata a morte, mentre tutto quello che voleva era presentarsi e spiegarle perché presto avrebbe avuto bisogno di lui. Voleva anche dirle che avrebbe dato la caccia all’umano che l’aveva molestata. Wrath con le persone non ci sa fare, quindi è perfettamente credibile che abbia dei modi bruschi e venga frainteso. «Posso fermare il cambiamento? Impedire che si verifichi?» E poi insieme si stesero sul letto. Una scena nella parte finale poi, per i modi di Wrath fa ridere e commuovere al tempo stesso. Boo! Vuoi piantarla, per favore?» Beth sprimacciò il guanciale e si rotolò su un fianco per guardare in faccia il gatto. L’animale ricambiò il suo sguardo e ricominciò a miagolare. Al chiarore della luce che aveva lasciato accesa in cucina, Beth lo vide raschiare con la zampa la porta a vetri. Ovviamente, una gattara come me poteva non amare il gatto di Beth? So che può sembrare assurdo il fatto che dedichi dei paragrafi anche a lui, ma fidatevi, c’è un motivo dietro, e tante teorie al riguardo. Per chi ha un gatto, è impossibile non riconoscersi almeno un po’ in queste scene, inoltre mostrano il lato divertente e del tutto inconsapevole di Beth. Barcollò mentre lui colmava la distanza fra loro. Era atterrita al pensiero di quello che sarebbe accaduto quando lui l’avesse raggiunta, ma per assurdo notò che Boo stava facendo le fusa, strusciandosi contro le caviglie dello sconosciuto. Miagolando di nuovo, il gatto nero avanzò con passo felpato. I suoi grandi occhi verdi sembravano preoccupati quando le saltò in grembo con un balzo aggraziato. La ragazza aprì la vetrata e mise fuori la testa, bloccando con il piede un gatto che tentava di uscire. Marissa piegò l’esile corpo in un inchino e il vampiro avvertì un misto di devozione e disagio nell’aria intorno a lei. «Mio signore» disse. Marissa è una femmina di vampiro aristocratica, cresciuta quindi sotto una campana di vetro e lontana dal mondo esterno. È un personaggio meraviglioso, complesso, fragile e al tempo stesso di una forza impressionante. È forse quello che più fa strada, partendo da essere un guscio vuoto senza autostima, aspirazioni e avendo paura per ogni cosa, arriverà a raggiungere traguardi incredibili. Da quel poco che Wrath riusciva a vedere, indossava una specie di morbido vestito di chiffon bianco e i lunghi capelli biondi le ricadevano sulle spalle e lungo la schiena. Sapeva che si vestiva con cura nella speranza di piacergli, e avrebbe tanto preferito che si risparmiasse quella fatica. […] Lei non sapeva mai dove fosse o cosa stesse facendo. Trascorreva lunghe giornate in solitudine a casa del fratello, sacrificando la propria esistenza per mantenere in vita l’ultimo vampiro purosangue, l’unico che non aveva nemmeno una goccia di sangue umano nelle vene. Havers si piantò le mani sulle ginocchia alzandosi in piedi a fatica. I suoi ricordi della sorella, prima che cominciasse a servire il loro terrificante re, erano sfocati. Ricordava solo brandelli di com’era stata, e temeva che ormai quella femmina gioiosa e sorridente fosse perduta per sempre. Qui l’abilità della Ward si nota tantissimo, perché non solo ci mostra punti di vista e percezioni totalmente differenti di un personaggio, ma riesce a farci intendere una cosa fondamentale e non scontata: Marissa non è innamorata di Wrath, si comporta come tale solo perché l’unico compito che tutti le hanno imposto è quello di compiacerlo, e non riuscendoci si sente un fallimento. Il percorso che fa in questo romanzo e soprattutto in quelli successivi, è davvero bello. Chiuse gli occhi sforzandosi di afferrare i pensieri di Wrath. Marissa, da piccolo uccellino spaventato come la vediamo in questo libro, andrà via di casa, riuscirà a cavarsela nel mondo esterno, imparerà non solo a fregarsene dell’aristocrazia che la giudica, ma anche a fronteggiarla e far valere il suo pensiero. Aprirà un centro sociale per donne e figli vittime di violenze domestiche, e contribuirà alla creazione del tessuto di leggi per tutelare le femmine vampiro, fino a quel momento trattate solo come degli oggetti. Troverà il suo amore in Butch, e non si guarderà più indietro. Il detective O’Neal finì con gli incartamenti del caso Billy Riddle intorno alle sei di mattina. Il ragazzo non aveva gradito il gruppo di spacciatori e teppisti con cui gli era toccato condividere la cella di sicurezza, quindi Butch ce l’aveva messa tutta per infarcire quanto più possibile i rapporti di errori, e poi – chi l’avrebbe mai detto? -l’amministrazione centrale continuava a fare confusione sui moduli da compilare. Butch è un umano, un poliziotto amico di Beth che si ritrova coinvolto e catapultato nel mondo dei vampiri insieme a lei. Adoro il suo animo noir, da poliziotto disilluso e sempre sull’orlo del precipizio. Ha passato talmente tanto tempo a torturarsi e a sguazzare nei rimorsi, da non avere paura di nulla, nemmeno della morte. Questo lo rende avventato, ma il suo coraggio è sempre stato un tratto distintivo apprezzato da tutti. Poi a me fa morire dal ridere. E, adesso che riusciva a pensare con maggiore lucidità, era contenta che non fosse scattata la fatidica scintilla. Se le fosse piaciuto, se avesse voluto stare con lui, Butch le avrebbe spezzato il cuore. Ne era sicura. Nel giro di una decina d’anni, se mai fosse riuscito a resistere così a lungo, sarebbe crollato per lo stress, le brutture e le sofferenze legate al lavoro. Se lo stavano già mangiando vivo. Ogni anno sarebbe stato un po’ più sotto pressione, e nessuno, nessuno al mondo sarebbe riuscito a impedirgli di andare in tilt. «Senti, quanto mi verrà a costare convincerti a comportarti in modo normale?» Lei lo guardò torva. Prima di mettere le cose in chiaro con Wrath avrebbe potuto tirarsi indietro. Ma ora non più. Le parti più belle di Butch in questo romanzo sono quelle in cui si ritrova a confronto col mondo dei vampiri; e con Marissa in particolare, alcune situazioni fanno davvero ridere. «Vai» la spronò. «Ci vediamo domani.» Il rapporto di Butch e Vishous è intenso e strano sin da subito, ed è qualcosa di interessante e bello a cui assistere, perché rappresenta l’unione di due mondi completamente diversi che trovano un solo incastro senza fatica. Poi io adoro anche Vishous, quindi questo rapporto ha scatenato tantissimo il mio animo da ship, e anche quello di tantissime altre persone. «Ehi, sbirro, che ora è?» chiese Vishous, ancora intontito. I due rimasero in silenzio per qualche secondo. Butch troverà il suo posto all’interno della Confraternita, acquisendo un potere che permette di assorbire e distruggere l’anima dell’Omega presente nei lesser. Questo lo renderà un’arma di importanza decisiva. Purtroppo la ship con Vishous rimarrà nei miei sogni e in quelli del fandom, tuttavia il loro sarà sempre un rapporto molto intenso, e i confronti tra loro non mancheranno.
Con mani tremanti controllò che la porta fosse ben chiusa e poi andò a controllare le finestre. Erano chiuse tutte e due. Abbassò le tendine, afferrò il cellulare e tornò vicino a Boo.
L’uomo si era mosso.
Merda!
Si stava avvicinando. Beth controllò di nuovo la serratura della porta e cominciò ad arretrare, colpendo con il piede il bordo del futon. Mentre inciampava all’indietro il telefono le sfuggì di mano rimbalzando fuori dalla sua portata. Cadde a peso morto sul materasso e, nell’impatto, prese un colpo di frusta al collo.
Incredibile ma vero, la porta a vetri si aprì silenziosa, come se non fosse mai stata chiusa a chiave e lei non avesse mai fatto scattare la serratura.
Ancora stesa sulla schiena, Beth si mise a scalciare selvaggiamente, aggrovigliando le lenzuola nel tentativo di spingersi lontano dall’intruso.
Già, se l’era cavata magnificamente, come no. Non poteva andare peggio.
Lui scosse la testa.
«Fa male?»
«Ti sentirai…»
«Non parlo di me. Ti farò male?»
Wrath deglutì, sbigottito. Nessuno si preoccupava mai di lui. I vampiri e gli umani lo temevano in eguale misura. La sua razza lo venerava, ma nessuno stava mai in ansia per lui. Non sapeva come reagire a quel sentimento.
«No, non mi farà male.»
«Potrei ucciderti?» «Non te lo permetterò.»
«Me lo prometti?» disse lei in tono pressante, rizzandosi a sedere e afferrandolo per un braccio.
Incredibile, pensò Wrath, stava per promettere solennemente di proteggere se stesso.
Su richiesta di Beth.
«Te lo prometto»
Non voleva sesso. Non ora. Voleva solo avere un po’ di conforto, sentire la pelle calda di lei contro la sua, il respiro che gli accarezzava lieve il petto, i loro cuori che battevano all’unisono. E voleva ricambiarla con la stessa pace. […] In modo del tutto inaspettato, lei sentì crescere dentro di sé un istinto protettivo nei suoi confronti.
Era strano provare un sentimento simile per qualcuno fisicamente tanto più forte di lei. Ma lui aveva bisogno di essere salvaguardato. In quell’attimo di pace, nel buio fitto, lei percepiva tutta la sua vulnerabilità. Il suo cuore era quasi a portata di mano.BOO
«Non credo proprio, caro il mio Boo. Tu sei un gatto casalingo. Gatto. Casalingo. Fidati di me, il mondo là fuori non è bello come sembra.» Dinamiche divertenti o familiari per chi ha un gatto
Il suo gatto era un traditore e, se per miracolo fosse sopravvissuta, lo avrebbe punito retrocedendolo a un cibo di serie B come il Tender Vitdes.
«Spiacente per tutto questo dramma» mormorò Beth, facendogli spazio.
Lui sfregò la testa contro la sua spalla, partendo con le fusa. Il corpo del felino era caldo, pesante. Beth non sapeva per quanto tempo fosse rimasta lì ferma ad accarezzare il suo pelo morbido, ma quando il telefono squillò trasalì con un balzo.MARISSA
È stata cresciuta per essere la promessa sposa di Wrath, e lei si aggrappa a quel suo compito in tutti i modi, perché non ha mai pensato che dalla vita potesse aspettarsi altro. In questo caso, perdere quello che cercava di tenere inutilmente e sé con tutte le forze, si rivelerà la sua salvezza.
Francamente, non capiva come Marissa potesse sopportare tutto questo, o come potesse sopportare lui.
E al suo posto cosa c’era? Un’ombra cupa e sottomessa che fluttuava silenziosa per casa, struggendosi per un maschio che la trattava senza il minimo riguardo.
Ma ciò che vide fu la femmina a cui lui stava pensando in realtà, la femmina umana. […] Le ci erano voluti anni e anni, secoli, per rendersi conto della verità: lui non era mai stato suo, non lo sarebbe mai stato.BRIAN “BUTCH” O’NEAL
E le stampanti si erano inceppate. Tutte e ventitré.
«Non ti capisco» disse.
«Non importa, piccola. Dimmi solo una cosa… certi polli sono davvero così allupati da bersi tutta questa recita pur di trombare una vergine?»
Marissa non capiva quel gergo, però alla fine colse il succo di quello che pensava l’umano. Inorridita, raddrizzò la schiena di scatto. «Domando scusa?»
Marissa annuì. E si smaterializzò mentre ancora lui la teneva per mano. Con un grido Butch fece un balzo indietro. «Merda!»
Si guardò la mano. Sentiva ancora il palmo di Marissa nel suo, aveva ancora il suo profumo nelle narici.
Eppure lei era svanita nel nulla. Puf! Un attimo prima era lì davanti a lui, e un attimo dopo…
Beth arrivò di corsa. «Stai bene?»
«No, non sto bene, cazzo» sbottò lui.
Il sospettato entrò con passo deciso. «Dov’è Marissa?»
«E io cosa ne so? È sparita! Qui davanti… era… la tenevo per mano e poi lei…» parlava come un idiota schizzato e decise di chiudere il becco.
Ma perché poi non avrebbe dovuto sbarellare? Le leggi della fisica gli piacevano così come le aveva imparate a scuola, con la gravità che teneva tutto bene attaccato al pianeta, la Terra che girava su se stessa, com’era giusto che fosse, e l’equazione E = mc2 che gli diceva in quanto tempo poteva arrivare al bar più vicino.
La gente non spariva così, in un puf, da una stramaledetta stanza del cavolo.
Butch allungò la mano verso il comodino. Vicino al suo orologio c’era un berretto dei Red Sox, un accendino d’oro e un guanto da pilota nero.
«Le cinque e mezzo.»
«Fico.» Il vampiro si girò dall’altra parte. «Non aprire le tende per altre due ore altrimenti prendo fuoco. I miei fratelli ti concerebbero per le feste. Ti ritroveresti a farla in un sacchetto.»
Butch sorrise. Vampiri o no, quei tipi li capiva. Parlavano la sua stessa lingua. Il loro modo di relazionarsi con il mondo era identico al suo. Si sentiva a proprio agio in loro compagnia.
Era una cosa stranissima.
Vishous socchiuse di nuovo gli occhi. «Non potrai più tornare alla tua vecchia vita, sbirro. Lo sai, vero? Perché hai visto troppo. Di noi. Non riusciremmo a spazzare via tutti i tuoi ricordi.»
«Mi stai dicendo di scegliermi una bara?»
«Spero di no. Ma non dipende da me. Molto dipende da te.» Ci fu una pausa. «Non hai granché a cui tornare, o sbaglio?»
Tra tutti i fratelli, Vishous era quello con le maggiori potenzialità intellettive, ma quel privilegio gli costava caro.
Anche Wrath aveva i suoi demoni, e non erano certo una cosuccia da niente, però non avrebbe mai voluto portare la croce di Vishous. Riuscire a prevedere il futuro era un fardello terribile.
Fra tutti i Fratelli, Vishous è il Mai una gioia per eccellenza e, ovviamente, il mio preferito.
Nel corso dei libri avrà dei momenti felici, ma saranno sempre di breve durata o comunque con un retrogusto amaro. È una persona con poteri e abilità che non ha chiesto, ma che a causa di esse deve sempre pagare un prezzo più caro degli altri.
Legge nel pensiero e a volte ciò che provano le persone, ha sogni premonitori che spesso riguardano la morte o il cambiamento di qualcuno, e deve sempre proteggere una mano con un guanto, perché altrimenti incenerirebbe tutto quello che tocca. Genio del computer, esperto nelle tecnologie, odia la Apple, sempre sarcastico e caustico e con manie del controllo estreme.
[Vishous sta sonnecchiando e Butch è accanto a lui] «Stai sorridendo» brontolò Vishous.
«E tu come fai a saperlo?»
«Ho un talento speciale per le emozioni. Non sarai mica uno di quei tizi insopportabili tutti allegri già di prima mattina…»
«Cavolo, no. E poi non è mattina.»
«Per me sì, sbirro.» Vishous si girò su un fianco e lo guardò. «Sai, ti sei fatto onore, ieri sera. Non conosco molti umani capaci di prendere di petto Rhage, oppure me. Tantomeno davanti agli altri fratelli.»
«Ehi, adesso non sdilinquirti, non usciamo mica insieme.» Per la verità Butch era quasi commosso da quell’apprezzamento.
Ma poi Vishous socchiuse gli occhi. L’intelletto del vampiro era così acuto che essere radiografati da lui era come farsi beccare nudi a fare le sabbiature.
«Tu hai un incredibile desiderio di morte.» Non era una domanda.
«Già, forse» disse Butch. Attese di sentirsi chiedere perché, e quando la domanda non arrivò rimase sorpreso.
«Ce l’abbiamo tutti» mormorò Vishous. «Ecco perché non mi interessa scendere nei particolari.»
Io quando penso al romanzo di Vishous
Che Zsadist fosse in ritardo non era una novità. Z era un gigantesco, violento «vaffanculo» al mondo intero. Un figlio di puttana ambulante, a volte parlante e in genere imprecante, che aveva portato l’odio, specialmente nei confronti delle femmine, a livelli sconosciuti. Per fortuna, tra la faccia sfregiata e il cranio rasato a zero, il suo aspetto terrificante ne rispecchiava l’essere, perciò la gente tendeva a stargli alla larga.
Zsadist è il Fratello più disastrato a livello psicologico, quello che più ha toccato il fondo e non ha la minima intenzione di risalire. Infligge a se stesso continue torture fisiche e psicologiche, ed è profondamente deviato anche a livello sessuale. Ha una cicatrice enorme sul visto, che ogni giorno gli ricorda gli abusi sessuali subiti da ragazzo.
Una cosa che colpisce sin da subito, è il fatto che nessuno crede che in lui sia rimasto qualcosa da salvare, una minima briciola da cui ripartire. Eppure, verso la fine, la Ward ci suggerisce una scintilla, in una scena del tutto inaspettata che commuove e fa venire la pelle d’oca.
A un certo punto, in un’accorata invocazione, una voce si levò alta sopra le altre, sempre più forte. Il timbro tenorile era così terso, così puro da far venire la pelle d’oca, e riempiva i petti di un calore struggente. Le dolci note musicali sollevavano il soffitto con la loro gloriosa magnificenza, trasformando la stanza in una cattedrale e i fratelli in un tabernacolo.
Il paradiso era lì, a portata di mano. Sembrava quasi di poter toccare il cielo con un dito.
Era Zsadist.
A occhi chiusi, con il capo reclinato all’indietro e la bocca spalancata, cantava.
Lo sfregiato, quello senz’anima, aveva la voce di un angelo.
Rhage era maledetto. Nel vero senso della parola. Subito dopo la transizione si era cacciato in qualche grosso guaio e la Vergine Scriba, la mistica forza della natura che dal Fado vegliava sulla loro specie, lo aveva punito con un castigo tremendo. Duecento anni di terapia dell’avversione che scattavano tutte le volte in cui il vampiro perdeva la calma.
Rhage è il Fratello che ha dovuto fare i conti con la sofferenza e il tormento molto più avanti rispetto agli altri Fratelli. La presenza della Bestia entra in contrasto con il suo aspetto da attore del cinema, infatti i Fratelli lo chiamano Hollywood. Sarà il protagonista del secondo romanzo e del 14°, in uscita per Rizzoli a marzo.
«E tu dove sarai, mio signore?» chiese in tono mellifluo Tohrment.
Buon vecchio Tohr. Sempre ansioso di mantenere la pace, cambiando discorso con una battuta di spirito, con una domanda, oppure passando alle minacce belle e buone.
Tohrment nel primo romanzo è il Fratello più equilibrato e saggio. Il suo percorso parte da una situazione di calma per poi sconvolgersi più avanti, mai come nel suo caso il suo nome è stato azzeccato.
«Tieni per te i tuoi inutili consigli, ne faccio volentieri a meno.»
«Fottiti» sbottò Tohr, dandogli una pacca sulla spalla. «Uno te lo beccherai lo stesso. Farai meglio a imparare chi sono i tuoi veri nemici, brutto stronzo arrogante. Prima di ritrovarti da solo.»
Fritz allungò le braccia con deferenza, stringendo il palmo di Beth con entrambe le mani e chinando la fronte fino a toccarle le dita. Parole nell’antico idioma vennero pronunciate in fretta e sottovoce.
Beth rimase attonita. Non poteva certo sapere che, porgendogli la mano, aveva reso a Fritz il più grande onore della sua specie. In quanto figlia di un princeps lei era un’aristocratica d’alto rango, nel mondo dei vampiri.
Il domestico avrebbe gongolato per giorni.
Fritz è il maggiordomo di Darius ed è un Doggen, una sottospecie dei vampiri che può uscire di giorno e invecchia più velocemente. In genere la figura del domestico è intesa come mestiere, ma in questa saga, i domestici sono una vera e propria razza, che prova piacere nel prendersi cura di un membro della razzadei vampiri, come un rapporto di co-dipendenza. Per quanto possano essere una trovata narrativa controversa, ha generato scene molto divertenti. Ad esempio con lui che rischia uno svenimento ogni volta che qualcuno vuole fare qualcosa da solo, oppure quando, dovendo scegliere un cane, sceglie la razza che perde più peli, perché così avrà più occasioni di usare l’aspirapolvere.
È di una dolcezza disarmante e ha un senso paterno e rassicurante che traspare tantissimo, nei confronti di tutti. Io lo adoro.
«Padrone?»
«Sì?» ringhiò Wrath.
«Faccia attenzione, là fuori.»
Wrath si fermò e guardò il maggiordomo da sopra la spalla. Fritz sembrava cullare la scatola contro il petto.
Era strano avere qualcuno che aspettava di vederlo tornare a casa, pensò.
La minuscola figura che si stava avvicinando era drappeggiata in una veste di seta nera che non lasciava trapelare nulla, né la testa né il viso né le mani né i piedi. Scivolava verso di lui; non camminava, si muoveva semplicemente nell’aria immota.
La divinità creatrice della razza è un vero e proprio personaggio, con cui i Fratelli possono confrontarsi, chiedendo udienza nel suo santuario di un’altra dimensione. Adoro il fatto che abbia proibito a tutti di farle domande, anche se ancora non l’ha spiegato penso che sia chiaro il motivo: essendo la creatrice della razza, con un confronto sarebbe andata incontro a domande scomode a cui lei stessa probabilmente non riuscirebbe a dare risposta. Anche questo è un lato affasciante, il fatto che un’intera razza sia nata quasi da un capriccio, da una scelta poco oculata che sta avendo conseguenze che lei stessa fa fatica a gestire.
Spoiler«Hai ragione» disse in tono pacato lei. «Avevo sperato che noi due potessimo essere più vicini. Tuo padre e io eravamo legati, e questi secoli passati in solitudine sono stati lunghi e ardui. Nessuno che pratichi il culto, nessuno che preghi, nessuna storia da tramandare. Io sono inutile. Dimenticata. «Ma il peggio» proseguì, «è che io vedo il futuro, ed è fosco. La sopravvivenza della razza non è garantita. Tu non sarai in grado di compiere l’impresa da solo, guerriero.»
«Imparerò a chiedere aiuto.»
Benvenuto nel meraviglioso mondo della gelosia, pensò. Il prezzo del biglietto le dà diritto anche a un mal di testa da urlo, all’impulso quasi irresistibile di ammazzare qualcuno e a un bel complesso di inferiorità. Evviva.
Lo stile penso sia la punta di diamante della saga, è molto complesso e tuttavia perfettamente modellato per una trama e personaggi di questo tipo.
Per la maggior parte erano tali e quali a Dick: banalissimi uomini di mezza età, bravi ma non straordinari in quello che facevano. Caldwell era abbastanza grande e abbastanza vicina a New York da conoscere gli orrori del crimine violento, le retate per droga e la prostituzione, quindi c’era sempre da fare. Ma il «Caldwell Courier Journal» non era certo il «New York Times», e nessuno di loro avrebbe mai vinto il Pulitzer.
Che tristezza.
Già, be’, guardati un po’ allo specchio, si disse Beth. Lei era solo una reporter squattrinata che non aveva mai nemmeno lavorato in un giornale nazionale. Quindi a cinquantanni, a meno che le cose non fossero cambiate, avrebbe dovuto curare gli annunci economici di un quotidiano gratuito per godersi un po’ di gloria riflessa dei giorni passati al «Caldwell Courier Journal».
Con un numero così grande di personaggi, la Ward ha trovato il modo di farci memorizzare tutto nel migliore dei modi, creando un narratore fuso completamente con i personaggi.
Il narratore non ha una sua voce, parla come parlerebbe il personaggio di cui si parla, usa il suo stile di pensiero e i termini che utilizzerebbe. Ci fa entrare dentro il personaggio come se fossimo dei fantasmi nella sua testa. Quindi, se un personaggio è tamarro, come la maggior parte dei Fratelli, lo sarà anche la narrazione.
Beth scartò la merendina e le diede un morso mentre spegneva le luci e scendeva le scale. Non riusciva a crederci: stava mangiando quella schifezza artificiale. Fuori, in Trade Street, l’afa di luglio era una barriera fisica tra lei e il suo appartamento. Dodici interi isolati di caldo e umidità. Grazie al cielo il ristorante cinese era a metà strada e aveva l’aria condizionata sparata a manetta. Con un po’ di fortuna i camerieri sarebbero stati indaffarati, quella sera, e lei avrebbe potuto aspettare approfittando del fresco.
In questo modo, la narrazione non è mai sospesa per spiegare qualcosa. La mente del lettore è sempre in continuo movimento perché, mentre segue la narrazione, al tempo stesso conosce sempre di più il personaggio.
Vi faccio alcuni esempi tra i vari personaggi, per capire le differenze.
Se si fosse trattato di chiunque altro, Wrath avrebbe usato le sue due parole preferite: vai e affanculo. Per quanto lo riguardava c’erano solo due posizioni accettabili, per un umano. La femmina supina. E il maschio a faccia in giù, morto.
Ma Darius era quasi un amico. O avrebbe potuto esserlo, se Wrath gli avesse permesso di avvicinarsi.
O’Neal afferrò quel fichetto per il davanti della polo blu, sollevandolo di peso.
«Lavori di nuovo fino a tardi» mormorò.
«Ehi, Dick.»
Non dovresti tornartene a casa da tua moglie e dai tuoi due bambini? aggiunse tra sé la ragazza.
«Vuoi uno strappo fino a casa?» chiese lui.
Nemmeno se ci fosse il diluvio universale, razza di degenerato.
Però non ci vedeva bene. Andò in bagno e si tolse le lenti a contatto. Adesso sì che ci vedeva alla perfezione. Be’, è un bel vantaggio. Ehi, fermi tutti. Zanne. Aveva le zanne. Si protese verso lo specchio toccandole. Mangiare con quei due dentacci avrebbe richiesto un po’ di pratica, pensò. D’impulso alzò le mani, piegò le dita ad artiglio e soffiò come un gatto. Fico. D’ora in poi Halloween sarebbe stato un vero sballo.
La Ward non interrompe la narrazione nemmeno per le descrizioni, e anche qui fa una scelta estremamente intelligente: Di solito per descrivere un personaggio si cade spesso in banalità o scelte narrative sforzate, abbiamo visto mille volte l’improbabile personaggio che si guarda allo specchio descrivendosi, come se non si fosse mai guardato, oppure un improbabile personaggio secondario che fa la serenata al protagonista, elencando pregi e caratteristiche.
La Ward fa descrivere i personaggi utilizzando alternanze di Pov esterno ed interno, saltando quindi da un personaggio all’altro, per avere un quadro generale più ampio e non forzato. E quando pov esterno ed interno non coincidono, entrano in gioco le percezioni sbagliate o inesatte, che ci fanno conoscere i personaggi ancora meglio.
Con un movimento repentino i clienti che affollavano il locale si spostarono, indietreggiando gli uni contro gli altri. Stavano facendo posto a qualcuno. O a qualcosa.
«Merda, eccolo che arriva» bofonchiò Tohrment buttando giù lo scotch tutto d’un fiato. «Senza offesa, ma io mi chiamo fuori. Non ci tengo a partecipare a questa conversazione.»
Darius guardò dividersi il mare di umani, ansiosi di tenersi alla larga dall’ombra imponente e tenebrosa che torreggiava sopra di loro. Quel fuggi fuggi generale era il riflesso di un eccellente istinto di sopravvivenza.
Mentre attraversava Screamer’s, Wrath sogghignò vedendo la folla di clienti che incespicavano gli uni sugli altri nella fretta di scansarlo. Trasudavano paura e una curiosità morbosa e lasciva insieme. Lui inspirò quell’odore rancido. Pecoroni. Tutti quanti.
Inoltre, la Ward presta particolare attenzione anche nella scelta specifica del personaggio che dovrebbe fare la descrizione, scegliendo solamente chi avrebbe reale motivo per guardare determinate cose. Ad esempio, Butch all’inizio romanzo ha una cotta per Beth, e noi assistiamo alla sua descrizione perché appunto lui la sta ammirando in quel momento.
Beth Randall era un vero schianto, su questo non c’erano dubbi. Lunghi capelli neri, due occhi di un azzurro incredibile, candida pelle di pesca e una bocca fatta apposta per essere baciata. Ed era anche ben carrozzata. Gambe lunghe, vita sottile, seni perfettamente proporzionati.
Gli uomini della stazione di polizia erano tutti innamorati di lei, ma a onor del vero Beth non aveva mai approfittato della propria avvenenza per carpire informazioni riservate. Lei manteneva tutto su un piano molto professionale. Non era mai uscita con nessuno dei ragazzi, anche se la maggior parte di loro avrebbero fatto carte false anche solo per tenerle la mano.
Beth si coprì la bocca con il dorso della mano, catturando con gli occhi il profilo del maggiordomo come se fosse qualcosa da custodire.
Anche la scelta dei dettagli per spezzare le frasi, arricchire i momenti di silenzio o caratterizzare un personaggio è molto curata. Semplici nel significato, ma non banali.
José si mise le mani sui fianchi e abbassò lo sguardo, scuotendo la testa come se si stesse lamentando con le sue scarpe.
Attraverso la porta chiusa, tuttavia, udiva il suono smorzato della sua voce. Stava parlando con qualcuno. Un uomo di cui all’apparenza non si fidava o che non le piaceva, perché rispondendogli si mangiava le parole.
Wrath affondò la forchetta in quello che sembrava purè di patate. Era riso, e alcuni chicchi volarono fuori dal piatto sparpagliandosi tutt’intorno. Imprecando, cercò di raccoglierne qualcuno sui denti della forchetta aiutandosi con l’indice.
E l’ondata minacciosa che lo precedeva sempre era un formidabile biglietto da visita.
Investito da quella ventata di odio gelido, Darius si portò alle labbra la birra fresca e ne bevve una generosa sorsata.
Sperava tanto di fare la cosa giusta.
I capitoli dei romanzi di questa saga, sono molto corti e divisi in vari paragrafi, questo rende la narrazione molto ordinata e la loro brevità spinge il lettore a concedersene sempre un altro, attirati anche dai finali accattivanti che io apprezzo sempre tantissimo.
«Cristo, che cosa diavolo ti è successo al collo?» esclamò inorridito José.
«Quel colosso mi ha sollevato da terra» rispose Butch, deglutendo un paio di volte. «Sono andati a prelevare le armi all’indirizzo che avevo lasciato? »
«Si. Le abbiamo recuperate, e anche i soldi. Chi cavolo è quel tizio? »
«Non ne ho la più pallida idea.»
Ovviamente il finale non è un vero finale, ma anzi fissa tutti i presupposti e le premesse per continuare la saga. Sono parecchi e, soprattutto, promettenti.
SpoilerSapeva di avere stampato in faccia uno stupido sorriso soddisfatto e che per questo i fratelli lo avrebbero sfottuto alla grande. Ma non gliene importava. Stava per avere una vera shellan. Stava per sposarsi. E loro potevano andare all’inferno.
Una saga dalla veste tamarra che genera molti dubbi e pregiudizi, ma una volta andati a fondo si rivela di una qualità e profondità del tutto inaspettata. Non è per tutti, conosco alcune persone che me la tirerebbero in testa in ogni caso. Ma se siete alla ricerca di qualcosa di inaspettatamente bello, di qualità nello stile, personaggi e storie che ti spezzano il cuore e non avete paura del sesso tamarro, spero di avervi convinto a fare un tentativo.
Voto romanzo: 7/10
Voto saga: 9/10
(898)
Recensione dettagliatissima, mi ha molto colpito il narratore che si fonde con i vari personaggi. Anche i personaggi mi hanno incuriosito al punto giusto. Sarà sicuramente una saga da leggere.
Nonostante la tamarraggine e i pregiudizi derivanti da Twilight, ho letto (con moolta calma, sorry) tutta la recensione e mi ha colpito parecchio. I personaggi sono molto interessanti e non scontati, mi ha incuriosito soprattutto Beth e la Vergine scriba. Questa recensione mi ha convinto che se un giorno dovessi mai imbattermi in questo libro non lo guarderò con disprezzo, ma anzi sarà il segno di iniziare una nuova lettura XD Grazie !