– Ho fatto qualcosa di male oggi – disse – o il mondo è sempre stato così e io ero troppo rinchiuso in me stesso per accorgermene?
Titolo: Guida Galattica per gli Autostoppisti
Titolo originale: The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy
Autore: Douglas Adams
Editore: Mondadori
Pagine: 212
Prezzo: ebook 6,99€ – brossura 10,20
Reperibilità: Online e in libreria
Lontano, nei dimenticati spazi non segnati sulle carte del limite estremo e poco à la page della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo. A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano una brillante invenzione…
– Che importa? La scienza ha raggiunto alcuni risultati meravigliosi, certo, ma io in generale preferirei essere felice che essere esatto e scientifico.
– E siete felice?
– No. E qui casca l’asino, naturalmente.
– Peccato – disse Arthur, comprensivo. – Sennò il vostro modo di vivere sarebbe stato molto bello, almeno a mio giudizio.
Prima di parlare del libro in sé, credo sia utile illustrarvi cosa è successo dietro le quinte della lettura. Vi dico solo che forse la scritta “Don’t panic” avrebbero dovuto scriverla più grande.
Questo libro, prima di venire da me, è passato nelle mani del Consorte, che voleva leggerlo da un sacco di tempo.
Il Consorte, nel valutare i libri, è il contrario di me: anche davanti al libro più balordo, lui rimane tranquillo e impassibile, al massimo alza le spalle e dice qualcosa del tipo “Meh carino dai” come se volesse consolare il romanzo e dirgli che la prossima volta andrà meglio.
È rilassante sentire il suo parere, è quasi una garanzia, perché mi ricorda che non tutti sono fulminati come me.
Una sera, mentre stava leggendo questo romanzo, la scena più o meno è stata questa: (censurerò il suo parere per non confondervi)
*Legge il romanzo e sospira ogni due minuti*
*Al ventesimo sospiro, mi volto a guardarlo* «Beh, ti sta piacendo?»
*Chiude il romanzo di scatto e per poco non lo lancia via* «No! È terribile! Non mi piace per niente! I personaggi blablabla… la storia blablabla… per non parlare del blablabla….»
A parte lo shock iniziale nel comprendere che i bei tempi del “Meh carino dai” erano finiti e che ero riuscita a contagiarlo, la parte più inquietante sapete quale è stata? La mia risposta.
Ma no, dai, non può essere così brutto… Piace a tutti.
Nello stesso istante in cui pronunciavo quell’ultima frase, in me è caduto il gelo. Lampi e tuoni infuriavano nel cielo, il vecchietto al piano di sotto rideva in modo diabolico. Subito mi sono vista in futuro dire frasi del tipo “Mi è piaciuto perché sì.” oppure “Se lo pubblica la Mondadori, allora è un bel libro.”
Questo perché mi sono scoperta affetta da un morbo molto oscuro e sinistro: Il Capolavoro a Priori.
Spesso si contrae questo morbo non coprendosi con opinioni personali, facendo poca attività critica, o stando a stretto contatto con Illusioni di Capolavoro (di cui abbiamo già parlato nella Recensione de La Nave di Teseo)
Il sintomo principale consiste nel dare per scontato che un romanzo sia bello, perché tutti ne parlano bene, senza nemmeno averlo letto. Negli episodi di picco può accadere anche di difendere quel romanzo non letto, come nel mio caso.
Io in quei giorni di malattia
Una volta consapevole di aver contratto questo morbo, ho notato che anche altre persone ne erano affette. Il fatto che al Consorte questo libro non sia piaciuto, ha scatenato il panico in gran parte della mia cerchia di conoscenze, di cui nomineremo Gufetto come rappresentante, visto che lo avete già conosciuto in altre recensioni.
La sua battuta ha racchiuso perfettamente tutto il delirio della cerchia:
«Deve avere problemi col numero 42, non c’è altra spiegazione.»
Per fortuna, esiste una cura per questo morbo: leggere il romanzo.
Non è sufficiente godere della bellezza di un giardino? Che bisogno c’è di credere che nasconda delle fate?
La trama si basa su una serie di avvenimenti insulsi, elencati più che raccontati, (il Mostrato? Tzè, che cos’è?) e presentati come se fossero fondamentali. È una sensazione orrenda quando leggi 200 pagine e dentro di te senti di non aver letto niente, che nulla ti rimarrà impresso per più di una settimana. Sono sicura che se mi mettessi ad elencare ciò che succede, ridereste al pensiero che un romanzo possa reggersi con così poco.
Ecco che compare l’Intellettualoide, scommetto che lo stavate aspettando. (Questa recensione sta diventando un aeroporto)
Sì, è inquietante, ho scelto proprio questa perché bisogna sempre avere paura degli intellettualoidi.
«Ma sei tu che non ci arrivi!! Sei tu che non capisci!! A me quel romanzo ha cambiato la vita, è il migliore in assoluto e sei tu che non hai colto la sua vera essenza!!»
Può darsi, per tutto il romanzo mi sono chiesta se forse non fossi io quella a non capire, ma ormai ho imparato a seguire il mio istinto e, in questo caso, diceva:
Quindi parlerò di cosa mi è piaciuto e cosa no, poi starà a voi farvi un’idea.
La Guida Galattica per gli Autostoppisti è un libro un po’ discontinuo, essendo stato curato da varie e diverse persone. Perciò vari brani ci sono solo perché all’epoca in cui furono redatti apparvero interessanti ai loro curatori. […] In molte delle civiltà meno formaliste dell’Orlo Esterno Est della Galassia, la Guida Galattica per gli Autostoppisti ha già soppiantato la grande Enciclopedia Galattica, diventando la depositaria di tutto il sapere e di tutta la scienza, perché, nonostante presenti molte lacune e contenga molte notizie spurie, o se non altro alquanto imprecise, ha due importanti vantaggi rispetto alla più vecchia e più accademica Enciclopedia.
Uno, costa un po’ meno; due, ha stampate una copertina, a grandi caratteri che ispirano fiducia, le parole NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO.
La Guida dovrebbe essere il simpatico oggetto cardine di tutta la storia, ma gli unici momenti in cui appare è tra un capitolo e l’altro, con approfondimenti secondo l’autore interessanti, ma che per me hanno avuto un effetto sonnifero, in quanto troppo lunghi e poco incisivi.
L’alcoolEcco come si esprime l’Enciclopedia Galattica sull’alcol. Dice che l’alcol è un liquido volatile incolore originato dalla fermentazione di zuccheri, e fa notare anche che ha effetti intossicanti su certe forme di vita a base carbonio.
Anche la Guida Galattica per gli Autostoppisti nomina l’alcol.
Dice che la miglior bevanda alcolica che esista è il Gotto Esplosivo Pangalattico.
Dice che quando si beve un Gotto Esplosivo Pangalattico si ha l’impressione che il cervello venga spappolato da una fetta di limone legata intorno a un grosso mattone d’oro.
La Guida dice anche quali sono i pianeti su cui servono i migliori Gotti Esplosivi Pangalattici, quanto costano l’uno, e quali sono le organizzazioni volontarie che possono aiutare il bevitore a disintossicarsi.
La Guida insegna perfino come ci si può preparare da soli il Gotto.
Prendete una bottiglia di Liquore Janx, dice. Riempitevi un bicchiere.
Poi versatevi una dose d’acqua dei mari di Santraginus V. Ah, quell’acqua di mare santraginese!, dice la Guida . Ah, quei pesci santraginesi!!!
Fate sciogliere tre cubi di Mega–gin di Arturo nella mistura (che dev’essere opportunamente ghiacciata, altrimenti l’alcol va perso).
Aggiungetevi quattro litri di gas delle paludi falliane, in ricordo di tutti quei felici autostoppisti che sono morti di piacere nelle Paludi di Fallia.
Sul retro di un cucchiaio d’argento fate galleggiare una dose di estratto d’Ipermenta Qualattina, dall’odore e dal sapore dolci, pungenti, mistici.
Aggiungete il dente di una Tigre del Sole Algoliana. Guardatelo dissolversi e diffondere il fuoco dei Soli di Algol nel cuore della bevanda.
Spruzzate un po’ di Zanfuor.
Aggiungete un’oliva.
Bevete… ma… con molta attenzione…
La Guida Galattica per gli Autostoppisti vende parecchio di più dell’Enciclopedia Galattica.
Servivano davvero due pagine intere così? Ecco, è questa la frase chiave con questo romanzo: Era davvero necessario?
Ci sono stati dei punti in cui faticavo davvero a tenere gli occhi aperti, e raggiungevo un livello di stordimento molto simile a quando, durante il trasferimento a Milano, non avevo dormito per 27 ore e in autogrill le porte del bagno mi terrorizzavano.
Inoltre, giusto per dare un po’ più di brio a dei paragrafi soporiferi, cosa c’è di meglio di un autore che si fa i complimenti da solo giusto per fare il simpatico?
Un libro notevolissimoTuttavia, si trattava di un libro notevolissimo.
In effetti, era probabilmente il libro più notevole che fosse mai stato stampato dalla grande casa editrice dell’Orsa Minore, della quale pure nessun terrestre aveva mai sentito parlare.
Ma non è soltanto un libro notevolissimo, è anche un libro di enorme successo, più popolare di Costruitevi la seconda casa in Cielo, più venduto di Altre 53 cose da fare a Gravità Zero, e più controverso della trilogia filosofico–sensazionale di Oolon Colluphid, Anche Dio può sbagliare, Altri grossi sbagli di Dio e Ma questo Dio, insomma, chi è?
In generale l’intero romanzo sembra una gigantesca parodia di tutto e tutti. E questo, paradossalmente, è l’unica cosa che non fa ridere, anzi, tutto il contrario.
Però, non posso negare che abbia alcuni elementi divertenti.
L’autore si è divertito a fare dell’ironia su diversi argomenti e, tra uno sbadiglio e l’altro, un sorriso me lo ha strappato.
Gli UmaniErano sempre di più quelli che pensavano che fosse stato un grosso errore smettere di essere scimmie e abbandonare gli alberi. E c’erano alcuni che arrivavano a pensare che fosse stato un errore perfino emigrare nella foresta, e che in realtà gli antenati sarebbero dovuti rimanere negli oceani.La casa sorgeva su un lieve rialzo, proprio all’estremo limite del villaggio. Era isolata, e dava su un’ampia distesa coltivata di campagna. Era una casa di nessun conto: aveva circa trent’anni, era di mattoni, quadrata, bassa, con quattro finestre sul davanti la cui grandezza e proporzione non erano proprio studiate per piacere all’occhio.
L’unica persona che considerava speciale quella casa era Arthur Dent, e per un semplice motivo: che per caso quella era la casa in cui abitava.
La Burocrazia– Ma signor Dent, è da nove mesi che i piani del progetto sono disponibili al pubblico, nel locale ufficio Viabilità e Traffico.
– Oh sì, sì! Be’, appena ho saputo la cosa sono corso a vederli, ieri pomeriggio. Non è che vi siate sforzati molto di richiamare l’attenzione su quel progetto, vero? Vi siete ben guardati dal parlarne con chicchessia.
– Ma i piani erano visibili al pubblico…
– Visibili?! Sono dovuto scendere nello scantinato per vederli!
– Ma è quello l’ufficio di consultazione per il pubblico!
– E si deve consultare con la torcia elettrica?
– Oh già, si vede che le lampade si erano fulminate.
– Ma non mancava solo la luce. Mancava anche la scala!
– Insomma, avete trovato i piani?
– Sì – disse Arthur – sì. Erano in fondo a un casellario chiuso a chiave che si trovava in un gabinetto inservibile sulla cui porta era stato affisso il cartello Attenti al leopardo.
La paranoia– Sapete – disse pensieroso Arthur – questo spiega un sacco di cose. Per tutta la vita ho avuto la strana e inspiegabile sensazione che stesse succedendo qualcosa nei mondo, qualcosa di grosso, di sinistro, e che nessuno mi avrebbe mai detto di che cosa si trattasse.
– No – disse il vecchio – quella è solo normalissima paranoia.
Tutti ce l’hanno, nell’Universo.
La politicaIl presidente, in particolare, è soltanto un prestanome: non esercita in effetti il benché minimo potere. È, sì, scelto dal governo, ma le qualità che deve dimostrare di avere non sono quelle tipiche del leader: la sua fondamentale qualità è di sapere provocare scandali. Per questa ragione scegliere un presidente non è facile: bisogna poter scegliere una persona che sappia provocare il furore nella gente, ma che sia anche in grado di affascinarla. Il suo compito non è di esercitare il potere ma di stornare l’attenzione della gente dal potere stesso– È davvero stupefacente – disse Zaphod. – Quell’astronave è veramente stupefacente. È tanto stupefacentemente stupefacente che credo mi piacerebbe rubarla!
Era una meravigliosa frase presidenziale perfettamente rispettosa della forma, che avrebbe potuto facilmente essere citata. La folla rise d’approvazione, i giornalisti tutti allegri premettero i tasti dei loro sub–Eta notiziomatic, e il presidente sorrise.
La poesia come torturaIl vogon comincio a leggere i fetentissimi brani di una poesia creata da lui.
– Oh, acciacciato grugnosco… – comincio. Ford si sentì invadere da insopportabili fitte: la prova appariva ben peggiore di quanto si aspettasse.
– … le tue minzioni mi appaiono / Come ciance di sebi su luride api.
– Aaaaaaarggggghhhhhh! – urlò Ford Prefect, rovesciando indietro la testa attanagliata da una tremenda morsa di dolore. Vagamente, scorse accanto a sé la sagoma di Arthur, scomposta e sconvolta da spasimi. Strinse i denti.
– Deh! Impiacciami, imploroti – continuò lo spietato vogon –
sgabazzone rampante!
Il tono della sua voce raggiunse abominevoli vette d’infiammato stridore. – Sciasciami, sprusciami, sprusciami coi crespi tentachili, /
O ti strapperò gli sputtoni coi miei scassagangli, CAPITO?
– Nnnnnnnnnnyyyyyyyuuuuuuuurrrrrrrgggggghhhhhl – urlò Ford Prefect, sconvolto da un ultimo, tremendo spasmo, mentre l’intensificazione elettronica dell’ultimo verso imperversava a tutto spiano nelle sue tempie. Poi si afflosciò nella sua sedia.
Il corpo di Guardia/Polizia– Inutile resistere! – urlò la guardia vogon. Era la prima frase che aveva imparato quando era entrato nel Corpo delle Guardie Vogon.– Ehi – disse – mi sembrava che aveste detto che non volevate spararci! – e si accovacciò di nuovo.
Aspettarono.
Dopo un attimo una voce rispose: – Non è mica facile fare i poliziotti!
– Cos’ha detto? – sussurrò sbalordito Ford.
– Ha detto che non è mica facile fare i poliziotti.
– Affari suoi, no?
– Direi anch’io.
Ford urlò: – Ehi, sentite un po’! Noi abbiamo già abbastanza problemi, visto che voi ci state sparando, perciò cercate di non addossarci anche i vostri, se no qui diventa veramente un casino!
Ci fu un’altra pausa, e poi si sentì ancora la voce all’altoparlante.
– Vedete, ragazzi – disse la voce – non avete a che fare con dei subnormali mezzecalzette dal grilletto facile, dall’attaccatura dei capelli bassissima, dagli occhi piccoli e porcini e dalla conversazione inesistente! Noi siamo due ragazzi intelligenti e sensibili che probabilmente vi piacerebbe moltissimo conoscere e frequentare! Io vado si in giro a sparare gratuitamente sulla gente, ma dopo mi tormento terribilmente, discutendone per ore con la mia ragazza!
– E io scrivo romanzi! – esclamò l’altro poliziotto. – Benché non ne abbia ancora pubblicato nessuno. Perciò è meglio che vi avverta, sono di peeeeeesssssimoooo umore!
Ford strabuzzò gli occhi. – Ma chi sono ‘sti tizi? – disse.
– Non lo so – disse Zaphod. – comunque li preferivo quando sparavano.
Le poche cose che ho trovato interessanti sono queste. No, non sono degli esempi, sono solo queste quattro.
Il segnaleIl barista guardò prima la banconota, poi Ford. E d’un tratto rabbrividì: provò una strana, improvvisa sensazione, una sensazione che non riuscì a capire, perché nessuno sulla Terra l’aveva mai provata prima d’allora. Nei momenti di grande tensione, tutte le forme di vita esistenti emettono un infinitesimo segnale sublimale. Il segnale non fa che comunicare il senso preciso e quasi patetico dell’enorme distanza che separa l’essere che lo emette dal suo luogo di nascita. Sulla Terra è impossibile essere più lontani di venticinquemila chilometri dal luogo di nascita, il che è molto poco, per cui i segnali emessi sono talmente deboli che non si possono notare. Ford in quel momento era sotto forte tensione, e il suo luogo di nascita, vicino a Betelgeuse, era lontano seicento anni luce.
Il punto di vista di un alieno (anche se ormai già visto e rivisto)Il punto di vista di un alieno (anche se ormai già visto e rivisto)
Una delle cose che Ford Prefect aveva sempre trovato difficile comprendere a proposito degli umani, era che questi avevano il vizio di affermare e ripetere cose assolutamente ovvie, come risultava evidente da frasi quali Che bella giornata! o Come sei alto! oOddio, mi sembra che tu sia caduto in un pozzo profondo nove metri: ti sei fatto male? In un primo tempo Ford si era fatto una sua teoria per spiegare questo strano comportamento. Aveva pensato che le bocche degli esseri umani dovessero continuamente esercitarsi a parlare per evitare di rimanere inceppate. Dopo avere osservato e riflettuto alcuni mesi, Ford aveva abbandonato questa teoria per un’altra. Aveva pensato che se gli esseri umani non si esercitavano in continuazione ad aprire e chiudere la bocca, corressero il rischio di cominciare a far lavorare il cervello. Dopo un po’ aveva abbandonato anche questa teoria, considerandola eccessivamente cinica, e aveva deciso che in fondo gli esseri umani gli piacevano molto, anche se non poteva mai fare a meno di preoccuparsi e disperarsi davanti alla terribile quantità di lacune che le loro conoscenze presentavano.
I materassi viviArthur saggiò nervosamente il materasso con le mani, poi vi si sedette sopra anche lui: in realtà, non aveva alcuna ragione di essere nervoso, perché tutti i materassi cresciuti nelle paludi di Skifguscioso Zeta vengono uccisi ed essiccati prima di essere usati. Sono davvero pochissimi quelli che quando meno si pensava sono tornati in vita.
Uno spunto sulla filosofia“Le macchine devono solo far di conto – proseguì minaccioso Majikthise. – Sta invece a noi occuparci delle verità eterne! Avete bisogno di dare una regolata alla vostra posizione legale, vecchi miei.
Secondo la legge, la Ricerca delle Verità Ultime è chiaramente prerogativa inalienabile degli operatori del pensiero. Non vorrete mica che una qualsiasi fottuta macchina trovi lei le risposte e ci lasci senza lavoro, eh? Voglio dire, a cosa serve che noi stiamo alzati fino a notte fonda discutendo sulla possibilità dell’esistenza di un Dio, se poi questa macchina qui è capace senza il minimo sforzo di darvi la mattina dopo il fottuto numero di telefono di Dio in persona?
– Oggi dev’essere giovedì – si disse Arthur chinandosi sopra la sua birra. – Non sono mai riuscito a capirli, i giovedì.
I personaggi per me sono fondamentali in un romanzo, e qui non ce n’è stato uno che non fosse unidirezionale e neanche minimamente credibile. Ognuno di loro ha una caratteristica dominante e la sbandiera di continuo e senza alcuna logica, per tutta la narrazione. Non c’è altro.
Sì, lo so che è stato fatto di proposito, ma questo non rende il tutto più interessante.
– Sentite – disse Arthur – non vi risparmierei forse un mucchio di tempo se semplicemente lasciassi perdere e impazzissi subito?
Lui è un umano e fondamentalmente non ci capisce nulla per tutto il libro. Viene sballottolato da un posto all’altro chiedendo spiegazioni e capendo poco e niente delle risposte.
Per una curiosa coincidenza, nessunissimo era anche la parola che, posta davanti a sospetto, definiva quanto poco il discendente–di–scimmia Arthur Dent immaginasse che il suo più intimo amico, lungi dal discendere a sua volta da una scimmia, proveniva in realtà da un piccolo pianeta nelle vicinanze di Betelgeuse e non, come sosteneva, da Guildford.
Arthur Dent, appunto, non aveva mai minimamente sospettato la cosa. […] Questo suo amico era arrivato sulla Terra circa quindici anni terrestri prima, e aveva fatto di tutto per integrarsi nella società terrestre. E, bisogna ammettere, con un certo successo. Per esempio aveva passato quei quindici anni fingendo di essere un attore disoccupato, il che era abbastanza plausibile.
Lui è un alieno incaricato di aggiornare la Guida, facendo appunto da Autostoppista tra i mondi. Dovrebbe essere “la mente” del gruppo. È impaziente e nervoso, e non passa pagina senza che gli girino le balle per qualcosa.
Il prostetnico vogon Jeltz si alzò e sollevò il suo disgustoso corpaccio verde, lì sul ponte di comando. Sentiva sempre una vaga irritazione dopo avere demolito dei pianeti abitati. Sperava che arrivasse qualcuno a dirgli che tutto andava male, così da potere sfogare i suoi nervi su di lui. Si lasciò cadere pesantemente nel posto di comando, nella speranza che il sedile si rompesse dandogli così un motivo vero per essere arrabbiato. Ma il sedile emise solo un lamentoso scricchiolio.
Lui è cattivo perché la sua razza è stata sfortunata a livello di evoluzione (?) ed è sempre in cerca di qualcosa per sfogare la sua rabbia. È forse l’unico su cui l’autore si sia concentrato un po’ di più per dargli senso ma, almeno in questo primo capitolo, compare pochissimo.
-Al nostro arrivo resteremo in porto per riparazioni che verranno eseguite in circa settantadue ore: durante questo tempo nessuno dovrà lasciare la nave. Ripeto, le libere uscite sul pianeta sono state cancellate. Io ho appena vissuto un’infelice storia d’amore, e dunque non vedo perché gli altri debbano divertirsi.
– La vita – disse Marvin malinconicamente – che tu la detesti o che la sopporti facendo finta di niente, non ti potrà mai piacere.
Poteva forse mancare un robot depresso perché troppo intelligente?
– Ma cosa ce ne facciamo di un robot maniaco-depressivo?
– Voi pensate di avere dei problemi – disse Marvin con un tono come se si rivolgesse a una bara occupata di fresco da un cadavere – ma cosa ve ne fareste di voi stessi se foste voi dei robot maniaci depressivi? No, non scomodatevi a rispondere: io sono cinquantamila volte più intelligente di voi, e tuttavia non so la risposta. Mi dà il mal di testa solo cercare di scendere a pensare al vostro livello.
Una delle due teste di Zaphod distolse lo sguardo. L’altra si girò a vedere cosa stesse guardando la prima, ma la prima non è che stesse guardando niente di particolare.
Lui è quello impulsivo, fa le cose senza pensarci troppo e grazie a questo riescono sempre. L’autore su di lui ha voluto inserire una spiegazione e una sotto-trama che probabilmente verrà sviluppata negli altri capitoli, ma che a me personalmente interessa pochissimo.
Non aveva la minima idea di cosa stesse per succedergli, ma sapeva bene che fino allora non c’era stata nessuna cosa che gli fosse andata a genio, per cui era improbabile che la situazione migliorasse.
Quindi, ricapitolando: trama insulsa, personaggi insulsi… Stile insulso? No, becero.
Questo romanzo contiene tutto quello che secondo me non dovrebbe esserci, fa quasi ridere anche questo, per la disperazione.
La notte del mercoledì aveva piovuto molto forte e il viottolo era pieno d’acqua e fangoso, ma il giovedì mattina il sole splendette chiaro e vivido sulla casa di Arthur Dent. Splendette per quella che era destinata a essere l’ultima volta.
In genere le anticipazioni servono per dare un piccolo assaggio al lettore di cosa verrà dopo, e quindi invogliarlo a continuare la lettura; ma qui siamo ben oltre. Pur di fare il simpatico, l’autore ci rivela esattamente quello che succederà di lì a poche pagine. E quando una trama è già insulsa di suo, sapere anche che non succederà niente e, se accadrà, ce lo diranno prima, equivale per il mio cervello al permesso per fare un pisolino.
Zaphod sorrise ancora. Tre miliardi di persone, assieme ad altre sei, non sapevano ancora nulla, ma presto avrebbero saputo. Presto avrebbero assistito alla più colossale buffonata che mai si potessero aspettare.
Indicò una sedia che aveva l’aria di essere fatta di costole di stegosauro.
È stata fatta con costole di stegosauro – spiegò il vecchio, mentre si gingillava con pezzi di filo che tirava fuori da sotto pile traballanti di carte e di strumenti da disegno. – Ecco – disse – tenete questi – e passò ad Arthur un paio di fili.
Lo stress e la tensione nervosa sono oggi seri problemi sociali in tutte le parti della Galassia, ed è perché questa situazione non s’inasprisca che i fatti successivi verranno rivelati in anticipo.
Fu più o meno a questo punto che uno dei quattro componenti l’equipaggio riportò una brutta contusione al braccio. Il particolare va sottolineato perché, come è già stato rivelato, per il resto tutto andò bene: i quattro si salvarono e i missili mortali non colpirono la nave.
Questo libro è costituito da 212 pagine, quindi è molto breve. Eppure, non esagero se dico che almeno la metà, con uno stile più coinciso, si sarebbe potuta evitare.
Della Guida inutilmente prolissa ne avevamo già parlato, ma anche la narrazione di per sé riempie pagine tranquillamente evitabili.
Queste sono 2 pagine per descrivere i pensieri di una balena che si trova improvvisamente nello spazio. (No, non è utile ai fini della trama, figuriamoci.)
E poiché quella di stare sospese in aria non è una peculiarità delle balene, la povera creatura innocente ebbe ben poco tempo di riflettere sulla propria identità di balena, prima di accettare il fatto di non essere che un’ex-balena.
Qui di seguito riportiamo i suoi pensieri dal momento in cui la sua vita cominciò fino al momento in cui finì.
Ah…! Cosa succede?
Ehm, scusate, chi sono?
Ehi?
Perché sono qui? Qual è lo scopo della mia vita?
Cosa intendo dire con chi sono?
Calmati ora, controllati… oh! questa è una sensazione interessante… cos’è? È una specie di… di formicolio nel… nel… be’, immagino sia meglio cominciare a dare dei nomi alle cose, se voglio far progressi in quello che chiamerò mondo… Allora dirò che il formicolio è nello stomaco.
Bene. Ohhh, si sta facendo molto forte. E, ehi, cos’è questo fischio che mi passa accanto a quella che chiamerò subito testa? Lo chiamerò… lo chiamerò vento! Che sia un nome adatto? Ma sì, per il momento può andare, poi gli troverò un nome migliore quando capirò a cosa serve. Dev’essere molto importante, questo vento, perché mi pare che ce ne sia un casino, qua. Ehi! Cos’è questa? Questa… la chiamerò coda, sì, coda. Ehi! La posso agitare in qua e in là! Wow!
Wow! Che bello! Non mi pare che si ottenga gran che agitandola, ma scoprirò poi a cosa serve.
Dunque… a questo punto sono riuscita a farmi una rappresentazione coerente delle cose, o no?
No.
Non importa, in fondo è eccitante dover scoprire tante cose, non vedo l’ora di scoprire altre cose, ah! sono stordita dalla voglia di scoprire…
O dal vento?
Ce n’è davvero moltissimo di vento, vero?
E wow! Ehi! Cos’è quella cosa che mi viene incontro a tutta velocità? È così grande, uniforme, rotondeggiante che ha bisogno di un bel nome sonante come… come… come terra! Sì! Che bel nome, terra!
Di’, saremo amici, terra?
E il resto, dopo una botta tremenda, fu silenzio.
E queste sono altre 2 pagine impiegate solo per dire che il veicolo viaggiava veloce:
L’aeromobile veleggiava silenziosa nella fredda oscurità, unico debole bagliore nella notte di Magrathea. Andava a tutta velocità. Il vecchio sembrava immerso nei suoi pensieri e quando, in un paio di occasioni, Arthur cercò di riavviare un’altra conversazione, lui si limitò a chiedergli se si sentiva abbastanza a suo agio, evitando di farsi coinvolgere in chiacchiere.
Arthur cercò di calcolare a che velocità stessero viaggiando, ma fuori era buio pesto e mancavano i punti di riferimento. Il senso di movimento era così lieve e impercettibile che sembrava quasi che l’apparecchio non si muovesse affatto.
Poi apparve in lontananza un minuscolo bagliore; nel giro di pochi secondi diventò talmente grande, che Arthur capì che stava viaggiando incontro a loro a velocità eccezionale. Cercò di indovinare che tipo di apparecchio fosse: lo scrutò a lungo, ma non riuscì a distinguere una forma netta. Poi, di colpo, boccheggiò dalla paura vedendo che l’aeromobile si tuffava in picchiata in quella che appariva chiaramente come una rotta di collisione. Le velocità relative dei due apparecchi sembravano incredibili: e Arthur ebbe appena il tempo di tirare il respiro che era già tutto finito. Finite in un qualcosa di argenteo che li circondò completamente. Arthur si giro a guardare indietro e vide un puntolino nero che rimpiccioliva sempre più, allontanandosi da loro.
Gli ci vollero parecchi secondi per capire cosa fosse successo.
Avevano infilato a tutta velocità un tunnel nel terreno. Il bagliore che Arthur aveva visto ingigantire sempre più era in realtà fermo: era l’imboccatura del tunnel. Il qualcosa di argenteo che li circondava era la parete circolare del tunnel, lungo il quale correvano a una velocità che doveva essere di parecchie centinaia di miglia all’ora.
Anche Rollo si è addormentato
E sapete la cosa assurda? Che questa è una scelta dell’autore, non un suo limite. Perché quando vuole, sa raccontare qualcosa in poche righe e al tempo stesso essere interessante e/o divertente.
Gli esseri umani si adattano moltissimo e così, per l’ora di pranzo, la vita intorno alla casa di Arthur si era già stabilizzata in un tran tran di routine. Il ruolo indiscusso di Arthur era di stare sdraiato a sguazzare nel fango e di chiedere ogni tanto a gran voce di vedere il proprio avvocato, o la mamma, o un bel libro; il ruolo indiscusso del signor Prosser era di corteggiare Arthur con abili discorsi, come il discorso Per Il Bene Della Comunità, il discorso Per L’Avanzata Del Progresso, il discorso Anche A Me Hanno Buttato Giù La Casa Una Volta, Sapete?, E Io Non Ho Arrestato L’Avanzata Del Progresso, e vari altri ammonimenti–minacce–lusinghe; il ruolo indiscusso dei guidatori di bulldozer era di stare seduti in cerchio a bere caffè e a elucubrare se ci fossero regole sindacali tali da permettere loro di sfruttare la situazione per ottenere dei vantaggi economici.
L’autore ci tiene proprio a mostrare quanto effettivamente tutta la storia sia in secondo piano, quanto sia tutto parodistico e di poca importanza. Può sembrare divertente per una persona che legge ogni tanto, ma per un’amante del genere e della scrittura fatta bene, è una cosa molto antipatica. La Comprensione è una delle caratteristiche più importanti in un romanzo, e qui spesso non se ne vede neanche l’ombra.
Gli enormi affari gialli passarono inosservati su Goonhilly
(“Affari” cosa? Paperelle di gomma? Limoni?)
Ford aveva anche un congegno che sembrava un elaboratore elettronico abbastanza grande.
(Cioè?)
Trillian era scura, magra, umanoide, con lunghi capelli neri ondulati, labbra piene, uno strano naso e ridicoli occhi neri.
(L’ultima parte non vuol dire assolutamente niente)
Con enorme fragore, Southend si divise in sei segmenti uguali che si misero a danzare e girare vorticosamente gli uni intorno agli altri, con aria libidinosa e impudica.
(Come scusa?)
L’universo reale s’inarcò disgustosamente sotto di loro, allontanandosi. Vari finti universi passarono silenziosi, come capre di montagna. Esplose la luce primeva, spruzzando spazio–tempo in giro come pezzi di ricotta. Fiorì il tempo, la materia scomparve. Il massimo numero primo si conglomerò tranquillo in un angolo e si nascose per l’eternità.
(…ok)
Questa, in sintesi, è la storia della sua scoperta.
Il principio in base al quale si generano piccole quantità d’improbabilità finita collegando semplicemente i circuiti logici di un Cervello Submesonico di Bambleweeny a un vettore atomico sospeso in un forte produttore di moto browniano (diciamo per esempio una bella tazza di tè bollente), era naturalmente compreso a fondo. I generatori basati su questo principio venivano usati spesso per rompere il ghiaccio durante le feste: si facevano infatti saltare tutte le molecole della sottoveste dell’ospite, simultaneamente di mezzo metro sulla sinistra, in conformità alla Teoria d’Indeterminazione.
(Simpatico, ma non vuol dire nulla)
Se, pensò, una simile macchina è un’impossibilità pratica, allora deve logicamente essere un’improbabilità finita. Perciò, per poterla costruire, basta che calcoli esattamente quanto sia improbabile, che fornisca i dati al generatore d’improbabilità finita, che gli dia una tazza fumante di ottimo tè… e che lo attivi!
La cabina era oblunga, quasi tutta bianca, era grande come un piccolo ristorante. In realtà non era perfettamente oblunga: le paratie lunghe erano inclinate a formare lievi curve parallele, mentre tutti i vari angoli, smussati, seguivano la forma delle curve. In verità, sarebbe stato molto più semplice e pratico costruire la cabina come una comune stanza oblunga tridimensionale, ma in quel caso i designer si sarebbero sentiti umiliati. Così invece la cabina aveva un’aria di maggiore importanza, coi suoi grandi videoschermi in fila sopra i comandi, i suoi pannelli del sistema di pilotaggio sulla paratia concava, e la serie di computer inseriti nella paratia convessa.
Rileggendola anche adesso mi cadono le braccia… questa è peggio della Spin-nave di Hyperion.
– No, no, Marvin – gorgheggiò Trillian – va tutto bene, davvero…
– No, per niente, Marvin – zufolò Trillian. – Va tutto benissimo, davvero…
– Certo – schioccolò il computer – volete una previsione di probabilità basata su…
Ogni volta che c’è un pericolo per i nostri personaggi accade qualcosa a caso che risolve la situazione. Il fatto che l’autore abbia provato a giustificarlo in qualche modo, non cambia il fatto che sia un espediente becero e per di più anticipato ogni volta.
Fu una grande fortuna che proprio in quel momento si mettessero a suonare tutti gli allarmi del pianeta, provocando un fracasso infernale.
Il finale naturalmente non esiste, la narrazione si interrompe e continuerà nel secondo capitolo “Ristorante al Termine dell’Universo”. Sarò sincera, l’unica cosa che mi incuriosisce è il 42 e il suo significato, ma non penso che mi procurerò il seguito in tempi brevi. Ho dormito fin troppo.
Un romanzo parodistico molto sopravvalutato, pieno di difetti e che lascia davvero poco. Se vi piace la fantascienza, meglio leggere qualcosa che la tratti seriamente e non che la prenda in giro.
Voto: 4/10
(1247)
Ottima recensione. Meno male che non sono l’unico a cui questo libro non è piaciuto. Mi trovo d’accordo su tutto quello che hai detto sul libro.
ps: povera balena!
ANF, devo ammettere che analizzando profondamente l’opera ci sia qualche imperfezione (per ottenere più soddisfazione dalla mia disfatta culturale dirigersi qui : https://media.giphy.com/media/AXQaLoWMeSmRy/giphy.gif )
In ogni caso mi rimetto alla clemenza della folla inferocita affermando che, a prescindere dai gusti , di libri ne sai una cifra, ed è la qualità di queste analisi che conta. Ottima recensione, come sempre XD
Menomale che non ho iniziato una roba simile. La gif di Paris è troppo bella, te la rubo 😀
Giusto l’altro giorno mi era venuto in mente di vedere il film, spinta dal tuo stesso morbo, ma ho desistito vedendo nel cast l’attrice di New girl. Quel telefilm mi sta facendo già abbastanza male XD Cmq ora grazie a questa recensione, penso lascerò perdere sia il libro che il film… PS: Bentornato intellettualoide XDDD
Personaggi folli, pagine inutili, stile becero, anticipazioni, narrazione volutamente sommaria/imprecisa che spesso non vuol dire nulla, descrizioni che confondono invece di chiarire, termini inutilmente difficili, deus ex machina beceri…ma ha anche dei difetti! Capolavoro assoluto e tu hai colto proprio tutta la sua essenza. Peccato che tu ti sia fermata al primo romanzo, divente sempre più assurdo e insensato. Insomma, impossibile non amare la Guida! 😉
I complimenti che fa lo scrittore sono rivolti alla Guida che viene utilizzata dai personaggi, non al libro che lui sta scrivendo (che ha il medesimo titolo). Già questo elemento mi fa capire che il libro non è stato letto con grande attenzione.. Inoltre la balena citata in questa recensione è collegata ad eventi e personaggi descritti nei libri successivi che andrebbero letti per fare un commento più lungimirante.
Non sono un grande fan del libro, per cui sono in parte d’accordo con la recensione, ma credo che prima di dare un 4 su 10 bisognerebbe almeno leggere tutto il racconto (che rimane comunque piacevole e divertente) fino alla fine.
Incompentenza assoluta e incapacità di un’analisi relativa al contesto del libro.
Ottimo, peccato che leggendo le altre tue Recensioni parrebbe tu solitamente legga realmente i libri e non solo le parole stampate su di essi.
Il contesto della guida galattica per autostoppisti, oltre all’assoluto no-sense e all’ironia su tutto, è proprio la futilità. La futilità dell’esistenza che l’autore ci rimarca ogni due per tre, la futilità dei nostri foglietti di carta e l’insensato valore che diamo al denaro [la questione espressa ne ‘il ristorante al termine dell’universo’ sul versare una moneta in qualsiasi epoca storica per pagare la cena è geniale].
I personaggi, per l’amor di Dio. Marvin? Liquidare marvin al semplice “Androide depresso perché troppo intelligente” è un po’ ingiusto per un personaggio che durante la saga regala momenti assolutamente fantastici e viene sfruttato per farci conoscere ambientazioni e approfondimenti assolutamente ilari.
Forse non saranno personaggi troppo realistici, ma se consideriamo che la storia d’amore del protagonista viene saltata a piè pari dall’autore, specificando che non chi è interessato a tali storie dovrebbe andare a leggere altri tipi di libro… Forse ci sovviene che sia una cosa voluta? Che i personaggi facciano solo da contorno ad una serie di eventi talmente particolari da esser degni di venir narrati?
Ad ogni modo, non sono di certo qui a convincerti, del resto se tutti dicono che è bello, vorrà ben dire che fa schifo no? Anticonformismo da operetta.
Oh, ora mi sento meglio, ti ringrazio, avevo proprio bisogno di infastidirmi e sfogarmi.
Per ringraziarti ti consiglio “Good Omen”. Da cui è stata tratta una gradevole serie tv Amazon visto che mi pare di aver capito che con i libri non ti trovi a tuo agio. Sono stati discretamente fedeli <3.