Leggendo qua e là sul web, ho notato pareri entusiastici su Perdido Street Station, opera dello scrittore britannico China Mièville. Talmente entusiastici che alla prima offerta su Ebay me ne sono subito accaparrato una copia. Così, d’impulso.
E ho fatto bene! Questo romanzo mi ha catturato sin da subito; difficilmente un libro mi ha mai entusiasmato così tanto.
Titolo | Perdido Street Station |
Autore | China Mièville |
Data | 2000 |
Pubblicazione italiana | 2004 |
Editore | Fanucci |
Traduttore | Elisa Villa |
Titolo originale | Perdido Street Station |
Pagine | 773 |
Reperibilità | Normalmente reperibile su siti di e-commerce |
Questo libro è uno dei rari casi in cui la trama passa in secondo piano rispetto all’ambientazione. Ci mette un po’ a ingranare. La storia si focalizza principalmente su Isaac Dan der Grimnebulin, uno scienzato grasso che deve trovare un modo per far tornare a volare Yagharek, un garuda che, in seguito a un non meglio specificato crimine, ha perso le ali. La ricerca di Isaac lo porterà in situazioni inaspettate e imprevedibili. Il culmine della storia per me è a metà libro circa. A partire dalla sesta parte, la Serra, la trama comincia a calare un po’.
Parallelamente alla storia di Isaac, seguiamo le vicende di altri personaggi, come Lin, la compagna dello scienziato, Yagharek, dei funzionari governativi e addirittura il sindaco. I capitoli dedicati a quest’ultimo li ho trovati molto interessanti, e permettono al lettore di comprendere le vicende dei piani alti.
Eccoci arrivati alla parte sorprendente del romanzo. Il contesto in cui si svolgono le storie è più bello della storia stessa. E la cosa non mi è (quasi) mai pesata! Mièville mette su un mondo curato nei minimi dettagli, verosimile e affascinante. Ad esempio i nomi dei giorni della settimana e dei mesi sono differenti dai nostri.
La magia è presente e viene chiama taumaturgia. Isaac le trova un ruolo nella sua teoria del Conflitto.
Un Vodyanoi. Fonte
Numerose sono le razze incontrate e descritte: le khepri, una sorta di scarafaggi umanoidi, i vodyanoi, anfibi grassi che vivono in prossimità dell’acqua, i garuda, uomini uccello che mi ricordano i Gy di Ursula le Guin, le cactacee, una razza di uomini cactus.
Io Lin l’ho sempre immaginata così…
Altre creature interessanti sono i Dracomini (creaturine simili ai gargoyle), i Tessitori (grandi ragni che parlano in versi; uno di loro avrà un ruolo chiave nella storia) e i Demoni (uno di loro viene incontrato dal sindaco).
New Crobuzon è la città che fa da sfondo alla storia. Descriverla in poche parole sarebbe un’impresa: lo scrittore spende interi paragrafi per parlarne, aggiungendo nuovi particolari. Il lettore viene calato in una realtà a lui sconosciuta, dando per scontato che conosca i quartieri, i fiumi e i luoghi: ma tranquilli, ad un certo punto Città delle Ossa, Crogiolo di Saliva, Schizzi, Ansa di Griss, Palude della Canaglia e tanti altri posti vi saranno familiari. Così come i due grandi fiumi che attraversano la citta, Cancrena e Bitume. Ecco un esempio di una descrizione di un quartiere:
Il Corvo si estendeva attorno a Perdido Street Station in un’intricata confusione di strade transitabili e vicoli semi nascosti. Le arterie principali, LeTissof Street, Concubek Pass, Boulevard Dos Ghérou, si lanciavano in tutte le direzioni intorno alla stazione e a Piazza BilSantum. Erano ampie e trafficate, un caos di carri, taxi e pedoni.
Ogni settimana, in mezzo a quella calca venivano aperti nuovi ed eleganti negozi. Immensi grandi magazzini che occupavano tre piani di quelli che erano stati palazzi nobiliari; esercizi più piccoli ma non meno fiorenti con vetrine piene dell’ultimo grido in fatto di luci a gas, lampade di ottone dai complicati intrecci e accessori per valvole telescopiche; cibo; tabacchiere di gran lusso; abiti di sartoria. Nei rami più piccoli che si dipartivano come capillari dalle grandi strade, studi di medici e avvocati, uffici di attuari, farmacie e associazioni benefiche stavano gomito a gomito con club esclusivi. Uomini aristocratici in completi immacolati pattugliavano queste vie.
Nascoste in angoli più o meno oscuri del Corvo, sacche di indigenza e architettura malata venivano saggiamente ignorate.
Crogiolo di Saliva, a sud-est, era attraversato in alto dall’aerovia che collegava la torre della milizia all’estremità di Palude della Canaglia e a Perdido Street Station. Era parte della stessa zona turbolenta di Sheck, un cuneo di negozietti e case di pietra rattoppate con mattoni. Crogiolo di Saliva era il centro di un’industria crepuscolare: il Rifacimento. Dove il quartiere incontrava il fiume, fabbriche correzionali sotterranee emettevano gemiti di dolore, a volte, e grida soffocate in gran fretta. Ma nell’interesse della propria reputazione, Crogiolo di Saliva era in grado di ignorare questa economia sommersa facendo mostra solo di un lieve disgusto. Era un luogo pieno di attività. Pellegrini lo attraversavano per raggiungere il tempio Palgolak all’estremo nord di Palude della Canaglia. Per secoli, Crogiolo di Saliva era stato un porto sicuro per chiese dissidenti e comunità religiose. I suoi muri erano tenuti insieme dalla colla di migliaia di manifesti ormai in briciole che pubblicizzavano dibattiti e convegni teologici. Monaci e suore appartenenti a insolite sette contemplative camminavano per le strade con aria frettolosa, evitando di incontrare sguardi. Agli incroci discutevano dervisci e ieronomeri.
Pacchianamente incuneato tra Crogiolo di Saliva e il Corvo c’era il segreto peggio custodito della città. Una macchia di sporco, di colpa. Era una piccola regione, nei termini della metropoli. Strade in cui le vecchie case strette e vicine potevano essere messe in comunicazione con facilità tramite scale e passerelle. Dove le schegge di selciato costrette tra edifici alti e decorati in modo insolito potevano trasformarsi in un protettivo labirinto. Il quartiere bordello. La zona a luci rosse.
Solo nominati all’inizio della storia, otteniamo notizie sui rifatti andando avanti con la narrazione. A quanto pare, alcuni crimini a New Crobuzon vengono puniti con un’alterazione corporea proporzionata o comunque collegata all’entità del reato. Il Rifacimento, ‘arte malata’, può essere fatto con parti umane, animali (ci sono donne che vivono sotto il peso di un guscio di lumaca per esempio) o meccaniche. Ecco la storia di una rifatta…
«L’altro giorno ero in tribunale e ho visto un Magistrato condannare una donna al Rifacimento. Si trattava di un crimine così sordido, patetico e miserabile…» Al ricordo trasalì. «Una donna che abitava in cima a uno dei monoliti di Landa del Ketch aveva ucciso il suo bambino… l’aveva soffocato, scrollato o Jabber sa cosa… perché non smetteva di piangere. Ed è seduta là in aula, con gli occhi… assolutamente vuoti… non riesce a credere a quello che è successo, continua a ripetere in tono lamentoso il nome del bambino, e il Magistrato la condanna. Prigione, è ovvio, dieci anni mi sembra, ma è il Rifacimento che non posso dimenticare. «Le braccia del bambino le saranno innestate sul viso. ‘In modo che non scordi mai ciò che ha fatto’, sentenzia il giudice.» La voce di Derkhan si inasprisce nell’imitazione del Magistrato.
Tra le altre cose, segnalo un bellissimo annuncio del circo:
L’UNICA E MERAVIGLIOSA FIERA DI MISTER BOMBADREZIL, garantisce di stupire e affascinare i PALATI PIÙ FINI E BLASÉ. Il PALAZZO DELL’AMORE: La SALA DEI TERRORI; Il VORTICE e molte altre attrazioni a prezzi ragionevoli. Venite anche a vedere lo straordinario spettacolo dei fenomeni, il CIRCO DELLE STRANEZZE. MOSTRI e MERAVIGLIE da ogni angolo del Bas-Lag! INDOVINI dalla TERRA FRATTURATA; un vero ARTIGLIO di TESSITORE; il TESCHIO VIVENTE; la lasciva DONNA SERPENTE; URSUS REX, l’uomore degli Orsi; PERSONE CACTUS di dimensioni minuscole; un GARUDA, uomo-uccello capo del deserto selvaggio; gli UOMINI PIETRA di Bezhek; DEMONI in gabbia; PESCI DANZANTI; tesori rubati dal GENGRIS; e innumerevoli altri PRODIGI e MERAVIGLIE. Alcune attrazioni non adatte a un pubblico facilmente traumatizzabile o con TEMPERAMENTO NERVOSO. Ingresso 5 centesimi. Giardini di Sobek Croix, dal 14 Vanosto al 14 Fertilaio, ogni sera dalle 18 alle 23 in punto.
Ci sono molte altre cose interessanti, per esempio la Coppia (una forza patologica dagli effetti devastanti); ma la cosa più intrigante per quanto mi riguarda sono…
La caratteristica che mi ha colpito subito di Mièville è l’ampio ricorso al mostrato. Moltissimo è mostrato nei piccoli dettagli, dal grattarsi il sedere per un prurito al discutere di virus o teorie matematiche. Ecco un esempio:
Nella parte più lontana della stanza vide tre uomini riuniti sotto l’arco aperto che aveva scorto dalla strada. In quel posto buio e puzzolente, la luce e l’aria di Marcita del Cane che si riversavano dall’alto erano come candeggiante.
A un qualche tacito segnale, i tre macellai fecero un passo indietro. Gli addetti ai maiali nel vicolo soprastante avevano acchiappato uno degli animali, e nel bel mezzo di un’ondata progressiva di improperi, grugniti e grida terrorizzate, scagliarono l’enorme peso della bestia attraverso l’apertura. La scrofa strillava mentre precipitava nell’oscurità. Era rigida per il terrore mentre piombava verso i coltelli in attesa. Si udì uno schiocco rivoltante e un colpo secco, quando le zampette irrigidite si schiantarono sul selciato del pavimento scivoloso per il sangue e lo sterco. Crollò sulle zampe che sanguinavano per le ferite profonde già fino all’osso, dimenandosi e strillando, incapace di scappare o di lottare. I tre uomini si fecero avanti con consumata precisione. Uno si appoggiò sulla groppa, nel caso la scrofa si tuffasse in avanti, un altro le tirò indietro la testa afferrando le orecchie ciondolanti. Il terzo le lacerò la pelle della gola con il coltello.Gli strilli si attenuarono subito tra fiotti e sciabordio di sangue. Gli uomini trasportarono l’enorme corpo che ancora si contorceva su un tavolo accanto al quale era appoggiata una sega arrugginita. Uno dei tre vide Derkhan. Diede di gomito a un altro.
«Ahi ahi, Ben, acqua cheta! Birichino! C’è quella tua stravagante mignotta!» gridò con bonomia, abbastanza forte perché Derkhan sentisse. L’uomo a cui si era rivolto si girò e le fece un cenno con la mano.
Tuttavia, per quanto ami questo modo di scrivere, è anche vero che il troppo storpia. Infatti certe parti sono descritte fin troppo nel dettaglio e le ho trovate pesanti e del tutto trascurabili:
In estremo contrasto con l’anarchico turbine virale che l’aveva prodotto, il Consiglio dei Congegni pensava con rigorosa precisione. I concetti erano ridotti a una molteplicità di interruttori acceso-spento, un solipsismo senz’anima che elaborava informazioni senza la complicazione di passioni o desideri arcani. Una volontà di esistere e ingrandirsi, scevra di ogni psicologia, una mente contemplativa e infinitamente, incidentalmente crudele. Per le falene estinguitrici era invisibile, pensiero senza subconscio. Era carne spogliata di gusto e odore, vuote calorie-pensiero inconcepibili per la nutrizione. Come cenere. La mente del Consiglio si riversava nella macchina e ci fu un momento di grande attività quando dalla discarica furono inviati dei comandi lungo le connessioni di rame, mentre il Consiglio cercava di risucchiare informazioni e controllare il motore. Ma il dispositivo di interruzione del circuito era solido. Il flusso di particelle era unidirezionale. Era assimilato, nel passaggio attraverso il motore analitico. Venne raggiunta una serie di parametri. Complesse istruzioni ticchettarono attraverso le valvole. In un settimo di secondo, era iniziata una rapida sequenza di attività di elaborazione. La macchina esaminò la forma del primo input x, la firma mentale di Andrej. Due ordini supplementari crepitarono simultaneamente lungo tubi e cavi. Schematizzare forma di input y diceva uno, e le macchine mapparono la straordinaria corrente mentale del Tessitore; Schematizzare forma di inputz, e fecero lo stesso con le ampie e potenti onde cerebrali del Consiglio dei Congegni. I motori analitici scomposero in fattori la gamma degli output e si concentrarono sui paradigmi, sulle forme. Le due linee di programmazione si unirono di nuovo in un ordine terziario: Duplicare profilo d’onda di input x con input y e z. I comandi erano incredibilmente complicati. Dipendevano dalle macchine calcolatrici più avanzate fornite dal Consiglio, e dalla complessità delle sue schede di programma. Le mappe matematico-analitiche di mentalità – per quanto semplificate e imperfette, incomplete com’era inevitabile che fossero – diventarono dei modelli. Vennero messe a confronto tutte e tre. La mente di Andrej, come quella di qualunque umano sano, o vodyanoi, khepri, cactacea e altro essere senziente, era un’unità dialettica di coscienza e subcoscienza in costante agitazione, la chiusura ermetica e l’incanalamento di sogni e desideri, la ricorrente ri-creazione del subliminale da parte del contraddittorio, il razional-capriccioso ego. E viceversa. L’interazio-ne di livelli di coscienza in un tutto instabile e costantemente autorinnovato. La mente di Andrej non era simile al freddo raziocinio del Consiglio, né alla poetica sogno-coscienza del Tessitore. Le macchine registrarono che x era diverso da y e diverso da z. Ma con la struttura di base e il flusso subconscio, con razionalità calcolatrice e impulsiva fantasia, analisi autovalorizzante e carica emozionale, x, calcolarono i motori analitici, era uguale a y più z. I motori taumaturgo-psichici eseguirono gli ordini. Combinarono y e z. Crearono un duplicato del profilo d’onda di x e lo inviarono attraverso l’output sull’elmetto di Andrej. I flussi di particelle cariche che si riversavano nell’elmetto provenienti dal Consiglio e dal Tessitore vennero uniti in un unico vasto stagno. I sogni del Tessitore, i calcoli del Consiglio, furono mescolati per imitare subconscio e conscio, il funzionamento della mente umana. I nuovi ingredienti erano immensamente più potenti delle flebili emanazioni di Andrej. La vastità di quell’energia non era affatto diminuita quando la nuova, immensa corrente si gonfiò in direzione della tromba svasata che puntava verso il cielo.
Era trascorso poco più di un terzo di secondo da quando il circuito aveva preso vita. Mentre l’enorme flusso combinato di y+z si scagliava verso l’efflusso, si completò una nuova serie di condizioni. E fu il motore di crisi a prendere vita vibrando. Utilizzava le categorie instabili della matematica di crisi, visione persuasiva quanto obiettiva categorizzazione. Il suo metodo deduttivo era olistico, totalizzante e incostante. Quando le essudazioni del Consiglio e del Tessitore presero il posto dell’efflusso di Andrej, il motore di crisi venne alimentato con le stesse informazioni date agli elaboratori originali. Con rapidità valutò i calcoli che erano stati eseguiti ed esaminò il nuovo flusso. Nella sua incredibilmente complessa intelligenza tubolare, divenne evidente una massiccia anomalia. Qualcosa che le rigide funzioni aritmetiche delle altre macchine non avrebbero mai potuto scoprire. La forma del flusso di dati sotto analisi non era solo la somma delle parti costituenti. y e z erano insiemi uniti, vincolati. E, cosa assai più cruciale, lo stesso dicasi di x, la mente di Andrej, punto di riferimento per l’intero schema. Era integrato alla forma di ognuno che fossero totalità. Gli strati di coscienza all’interno di x dipendevano l’uno dall’altro, ingranaggi sovrapposti di un motore di coscienza autosostenuta. Ciò che era aritmeticamente discernibile come razionalismo più sogni era in realtà un insieme, le cui parti costitutive non potevano essere districate. y e z non erano copie incomplete di x. Erano qualitativamente diverse. La macchina applicava una rigorosa logica della crisi all’operazione originale. Un comando matematico aveva creato un perfetto analogo aritmetico di un codice sorgente da materiale disparato, e quell’analogo era allo stesso tempo identico e radicalmente divergente dall’originale che imitava. Tre quinti di secondo dopo che il circuito aveva preso vita, il motore di crisi arrivò a due conclusioni simultanee:
x=y+zr, e x≠y+z.
L’operazione eseguita era profondamente instabile. Era paradossale, insostenibile, l’applicazione della logica che si distruggeva da sé. Il processo era, dai primi principi assoluti di analisi, schematizzazione e conversione, totalmente crivellato di crisi.
All’istante, venne scoperta una massiccia sorgente di energia di crisi. La realizzazione della crisi la liberò consentendo che venisse utilizzata: pistoni metafasici si compressero e contorsero, inviando getti controllati della volatile energia a passare rapidi negli amplificatori e nei trasformatori. Circuiti sussidiari tremarono e vibrarono. Il motore di crisi iniziò a roteare come una dinamo, crepitando di energia ed emettendo complesse cariche di quasi-tensione. Il comando finale risuonò in forma binaria nelle viscere del motore di crisi. Incanalare energia, diceva, e amplificare emissione.
Eh? Ma che roba è? La spiegazione del motore di Crisi era elegante e comprensibile, qui invece non ho capito nulla e saltavo pezzi.
Altra parte noiosa è stato il trasporto dei cavi per la città. Ripetitiva e a mio parere superflua.
Un’altra caratteristica da considerare sono gli infodump massicci, disseminati per tutto il libro, che danno modo al lettore di conoscere di più sulla storia, sulla società, sui costumi degli abitanti di New Crobuzon. Personalmente li ho trovati molto interessanti, anche perché ci permette di comprendere al meglio l’incredibile fantasia dello scrittore.
Per quanto riguarda il punto di vista, in ogni capitolo la telecamera è fissata su uno dei vari personaggi principali. Ogni tanto il PoV salta da un personaggio all’altro, ma succede di rado e non mi è pesato.
Perdido Street Station è un libro incredibile. Mi ha fatto sognare ad occhi aperti. Mi ha trasportato in un mondo vivido e concreto; vale la pena leggerlo solo solo per gli infiniti dettagli e lo sfondo su cui si innesta la storia. Non sono stato deluso. Il voto complessivo è un po’ influenzato dalla trama e dalla pesantezza di alcune parti che potevano essere eliminate, ma rimane un libro che consiglio fortemente.
Voto: 9-/10
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(1674)
Bella recensione!
Secondo me sei riuscito a parlare bene del romanzo, mettendo in evidenza quanto ti è piaciuto ma allo stesso tempo non evitando di ammettere che in alcune parti il romanzo è oggettivamente debole. Che poi, non si tratta di vera debolezza, però è anche vero che “il fattore sbadiglio”, come lo chiamo io, conta. 😉
Anche a me personalmente è piaciuto molto e concordo con il tuo punto di vista. China è geniale, e il libro è unico nel suo genere. A me sono piaciute tantissimo le atmosfere.
I nomi di luoghi e persone sono un fantastiglione, però ognuno è ogni cosa è incastrato bene e ha il suo perché.
Volendo, c’è anche il secondo volume della trilogia.
Io non l’ho ancora letto, ma se mi precederai leggerò di sicuro la tua eventuale recensione per farmi un’idea. 🙂